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Lunedì, 29 Aprile 2024
Politica

Bersani: "Sì a primarie aperte". Renzi si candida: "Corro per vincere"

E' ufficiale, Bersani: "Primarie aperte per la scelta del candidato dei progressisti e dei democratici italiani". Renzi: "Un milione e mezzo di voti e possiamo vincere"

“Rottamiamo questa politica”. Così nel 2010 iniziò la scalata politica di Matteo Renzi. Neo eletto sindaco di Firenze, giovanissimo, dalla stazione Leopolda lanciò la sua sfida al Paese. Cominciò in quelle giornate la corsa alla leadership del sindaco fiorentino. Poi le allegorie con i dinosauri, il Big Bang, il ‘cantiere’ politico Firenze, il passo indietro forzato per far spazio a Monti, le vittorie e le sconfitte. Un passo alla volta, pezzetto dopo pezzetto è giunto al giorno della verità, il giorno del cambiamento: per Renzi, per il Pd e per Firenze.

In questo momento a Roma si sta riunendo la Direzione nazionale del Partito Democratico. Tre temi centrali all’ordine del giorno nella relazione del segretario Bersani che ha annunciato sarà messa ai voti: il sostegno al governo Monti, una nuova proposta politica aperta, le primarie. Le primarie, appunto, e Bersani è uscito subito allo scoperto: “Entro l'anno primarie aperte per la scelta del candidato dei progressisti e dei democratici italiani alla guida del Paese. Io mi candiderò, ma mi candiderò dentro a quel percorso e in una giornata di grande partecipazione costruita, non per allestire generiche carovane o determinare questa o quella rendita di posizione, ma per ricavare governabilità dalla partecipazione”.

Primarie quindi ed una certezza: Matteo Renzi sarà della partita e sfiderà proprio il suo segretario, Bersani. E se, come appare chiaro, saranno primarie di colazione la sfida si allargherà ad altri pesi massimi della scena politica italiana: da Vendola a Di Pietro, fino, anche se è un’ipotesi remotissima, a Casini. Fine dei proclami, fine delle attese. Adesso la partita si gioca a carte scoperte. Renzi ha solo bisogno di capire fino in fondo quali saranno le regole del gioco, perché è in queste dinamiche che si gioca il grosso della partita.

Per questo Renzi dovrà riflettere e tempo ne ha; almeno fino al 6-7 luglio quando l’assemblea nazionale del Pd sarà chiamata, sul fronte primarie, a modificare il proprio statuto. Gli annunci? Ampiamente consumati. Come quello di questa mattina riportato dalle pagine del Foglio: “Adesso ci siamo. Le primarie, almeno così sembra, alla fine si faranno; e noi, quando Pier Luigi Bersani ufficializzerà la sua scelta, saremo pronti a giocarci la nostra partita. Lo faremo per sfidare il segretario, certo, ma soprattutto lo faremo per affermare le nostre idee, per dare una scossa al partito e per provare una buona volta a rivoluzionare, e a innovare, questo Pd. E però, carini, non fatevi illusioni: ché se qui noi siamo in campo non lo facciamo per partecipare, ma solo perché sappiamo che noi, oggi, in questa gara, possiamo vincere davvero”. Parole spese oggi così come due anni fa. A vederla da lontano, freddamente, facendo lo sforzo di ripercorrere la storia di questi ultimi due anni, appare lampante la formalizzazione di un sì già detto, ed un impegno già preso. E conterà ben poco se l’ufficialità sarà data in giornata, alla convention dei giovani amministratori del 22-23 giugno o in qualche esclusiva mediatica.

Ora è il momento della verifiche, della conta, dei numeri e delle percentuali. Del chi ci sta e chi non ci sta; come il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi: “Io come direbbe Bersani, appartengo a una bocciofila che si chiama Pd e come tutte le bocciofile ha uno statuto che prevede che il segretario regolarmente eletto sia anche il nostro candidato premier per le elezioni”. Per Renzi quindi diventa vitale prima capire come si struttureranno le primarie, verificare lo spazio di manovra, poi concordare la strategia: Giorgio Gori in sostanza è in attesa del via libera. E qualche conto in testa Renzi se l’è già fatto, come rileva sempre al Foglio: “So che non sarà uno scherzo, naturalmente, so che la sfida sarà aperta e che le primarie non saranno come quelle di Firenze, e che per vincerle sarà necessario conquistare cifre mostruose, più o meno, diciamo un milione e mezzo di voti, ovvero cento volte i voti che ottenni tre anni fa a Firenze. Lo so, ma non ho paura: il nostro progetto è forte, ed io ho le idee molto chiare su come poter costruire una piccola impresa”. Avrebbe preferito una sfida a due con Bersani. Dovrà sfidare l’intero centro sinistra. Ma da oggi è chiaro e lampante: Renzi ‘da grande’ proverà a fare il primo ministro.
 

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