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Venerdì, 26 Aprile 2024
Cronaca

Modi di dire, ecco perché a Firenze si dice "Puzzare come una bubbola"

I fiorentini usano spesso l'espressione colorita “puzzi come una bubbola”, ma come mai?

I modi di dire spesso sono riconducibili ad eventi storici, dalle leggende mitologiche, ma anche dalla natura. Ad esempio i fiorentini usano spesso l’espressione colorita “puzzi come una bubbola”, dire che non è un complimento sembra quasi superfluo, infatti sta ad indicare il poco gradevole odore di qualcuno. Ma come mai si usa proprio il termine bubbola?

Probabilmente chi vive - o ha vissuto - in campagna sa a cosa si riferisce. La bubbola altro non è che l’appariscente upupa: un uccello tipico delle campagne toscane che ha un lungo becco, il corpo marrone chiaro tendente all’arancione e sul capo un’appariscente cresta arancione con le punte nere e bianche come le ali.

Dai contadini l’upupa era ed è chiamata in dialetto “bubbola” che sta a significare qualcosa di sporco e puzzolente. Adesso questo uccello viene spesso apprezzato per la sua linea particolare e i suoi colori bizzarri, mentre fino a qualche decennio fa era sinonimo di sciagure e odore fetente.

Il perché venisse definito puzzolente è comprensibile, infatti durante il periodo dell’accoppiamento e quando le uova vengono deposte gli uccelli secernono da una ghiandola posta sotto la coda, chiamata uropigio, un liquido maleodorante che serve per scacciare i possibili predatori e per attirare nel nido gli insetti di cui le bubbole si nutrono.

Il nido dove vengono cresciuti i piccoli emanerà, in particolar modo, del cattivo odore in quanto essendo piccolo non permette alla madre di pulire.

Di questo uccello si trova descrizione anche nel vocabolario dell’Accademia della Crusca: “Upupa è un’ uccello, con una cresta in capo, e vivono di cose putride, e laide, e però è il lor fiato puzzolente molto. Lo diciamo più comunemente bubbola”.

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