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Cronaca

"Basta guerra", l'urlo di dolore e le preghiere da Firenze

Nel centro commerciale di San Donato ieri pomeriggio non si è festeggiato il Carnevale, il pensiero era rivolto solo al popolo ucraino

“Deponete le armi. I conflitti armati non hanno mai risolto i problemi”. Tutto il quartiere San Donato si è stretto in un forte abbraccio nei confronti dell’Ucraina. Bandiere gialle e celesti, arcobaleno, cartelli in italiano, ucraino ed inglese per dire una cosa sola: “Basta guerra”. L’iniziativa si è svolta nell’ambito del Carnevale di Pace, da tanti anni organizzato dall’Associazione Piazza San Donato, insieme ad Immobiliare Novoli e a Garden Eventi.

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Tra i partecipanti, la presidente dell’associazione Piazza San Donato, Annalisa Camellini, Andrea Ciulli per il Quartiere 5, la rappresentante del Consolato onorario ucraino Oxana Polataitchouk e Maryna Shavrova, una delle fondatrici dell'associazione Kolos, che nella nostra città diffonde la cultura ucraina. Il toccante incontro ha visto risuonare, nella piazza del centro, l’inno ucraino. Tutti i partecipanti, poi, hanno intonato la preghiera per l’Ucraina.

“Il carnevale dovrebbe essere un momento gioioso, ma oggi certo non possiamo ballare - ha detto Oxana Polataitchouk -. Purtroppo nella nostra Patria c’è la guerra. Grazie a tutti i fiorentini per il vostro sostegno. Ne abbiamo tanto bisogno”. “Siamo qui a testimoniare la nostra vicinanza a persone come noi, che vogliono crescere i propri figli in un mondo di pace - le parole dei volontari dell’associazione Piazza San Donato -. Tutti siamo coinvolti in questo conflitto come in ogni guerra che affligge tante popolazioni del mondo. Noi abbiamo fatto dell'accoglienza e dell'integrazione un valore per la nostra associazione. Siamo convinti che la conoscenza reciproca alimenti il rispetto, l'amicizia e la voglia di crescere culturalmente insieme".

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“Questo conflitto - proseguono i volontari, - ci fa capire quanto sia complesso il presente e quanto sia difficile dare una soluzione a problemi che ormai sono quasi esclusivamente globali. Ci sentiamo inermi, vulnerabili. E comunque non dobbiamo arrenderci. Tutti noi possiamo fare qualcosa. Ognuno con le proprie scelte quotidiane può dire no alla guerra. Con i propri acquisti, con i propri investimenti, con il proprio stile di vita. Lo dobbiamo a tutti coloro che vivono la guerra sulla loro pelle o su quella dei familiari, come i nostri amici ucraini, ma soprattutto lo dobbiamo ai loro e ai nostri figli. Hanno il diritto di sperare nel futuro ed è nostro dovere fare sì che non rimanga solo una speranza”.

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