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Empoli, Pinamonti: "Voglio arrivare in doppia cifra. La salvezza il nostro obiettivo"

L'attaccante classe 1999 ha commentato la stagione che sta vivendo ad Empoli: "Qui si lavora bene e puntano sui giovani. Futuro? Voglio arrivare in alto"

Intervistato sulle colonne di Fanpage.it, l'attaccante dell'Empoli Andrea Pinamonti ha parlato della stagione che sta vivendo a Empoli, arricchita al momento da 7 gol e 1 assist. Il calciatore, in prestito dall'Inter, ha parlato anche delle sue esperienze passate, ma anche del suo futuro. Queste le sue dichiarazioni:

Sulla sua stagione e sui traguardi da raggiungere:

"All’inizio, come ogni volta che si apre una nuova parentesi, non si sa mai a cosa si va incontro perché ci possono essere tanti dubbi e perplessità ma in questo caso sono andate via dopo pochi giorni. Quella con l'Empoli è stata una trattativa abbastanza lunga ma quando senti la fiducia del mister, che ti chiama direttamente; del direttore, che si muove per convincerti; e del presidente, che esprime la sua voglia di averti in squadra; c’è già un grado di fiducia alto che aiuta subito a far bene. Appena sono arrivato mi sono messo a lavorare per riprendere la forma e, di conseguenza, è andato tutto nel migliore dei modi. Il primo obiettivo resta la salvezza, perché negli ultimi anni abbiamo visto come nel girone di ritorno cambia tutto rispetto alla prima parte e bisognerà restare concentrati fino alla fine per raggiungere l'obiettivo; mentre a livello personale ora vorrei arrivare in doppia cifra."

Sull'Empoli:

“Quando ne ho parlato con alcuni compagni che erano stati qui ho avuto solo risposte positive per questa società. Magari pensi che arrivi in una neopromossa e troverai difficoltà ma qui è tutto il contrario, perché Empoli è una realtà dove si lavora bene e si punta tanto sui giovani. Ci sono strutture che ti permettono di avere tutto a disposizione, dal punto di vista medico a quello tecnico. Sono stato felicemente sorpreso".

Sulla stagione al Genova:

"Lì sono cresciuto più sull'aspetto mentale che tecnico. Rispetto a Frosinone c'erano altre aspettative, perché avevano fatto una squadra per puntare in alto e hanno un pubblico fantastico, ma che è molto esigente. Le cose non sono andate bene e ci salvammo all'ultima giornata, ma ogni partita era una prova perché c'era tanta pressione. Mi è servito per crescere soprattutto da quel punto di vista".

Sull'avventura all'Inter:

"Lì entri in un'altra ottica. Capitava una partita che vincevamo 1-0 all'intervallo ma il mister e i compagni non erano comunque contenti, perché bisognava fare di più. Era uno spogliatoio dove si cercava sempre di migliorare, questo soprattutto grazie a mister Conte, e non ci si accontentava mai. Nonostante non sia stato tra i protagonisti in campo, ho imparato davvero tanto e ho coronato un sogno che avevo fin da piccolo: vincere lo Scudetto con l'Inter".

Sugli allenatori che ha avuto:

"Ne ho avuti talmente tanti, nonostante abbia 22 anni, che ho cercato di prendere qualcosa da tutti. Ho girato questa cosa a mio vantaggio. Partendo da Pioli, che mi ha fatto esordire tra i professionisti; arrivando a Conte, che mi ha dato tanto; passando per Nicola, che a Genova mi ha aiutato grazie alla sua personalità e al suo carisma; fino ad Andreazzoli, che avevo avuto al Genoa per poco tempo ma è stato un piacere poter ritrovare qui per lavorare di nuovo con lui".

Sul perché negli altri paesi si ha meno paura di puntare sui giovani:

“Faccio fatica a rispondere. Anche io mi rendo conto che in altri paesi le big rischiano di più con i giovani e soprattutto non vengono bocciati al primo errore. In Italia non so dirti perché accade meno, forse la pressione è maggiore e i grandi club preferiscono non rischiare puntando su gente con più esperienza. A me, come tanti altri, piacerebbe mettermi in mostra in un top club ma capisco anche il loro punto di vista, ovvero puntare su chi ha più anni di campionati di alto livello alle spalle".

Sui suoi idoli da bambino:

"Il mio idolo è sempre stato Ibrahimovic. Ancora adesso mi capita di guardare i suoi video di qualche anno fa. Senza nulla togliere a quello che fa ora, prima giocava in maniera diversa e metteva le sue qualità in maniera differente a disposizione della squadra. Con il passare degli anni ha cambiato molto, anche per l'età; ma lui è stato un punto di riferimento importante".

Su cosa vuol dire essere rappresentato da Mino Raiola:

"Io non lo vedo neanche più come un agente, perché ormai è diventato parte della mia famiglia. Il nostro rapporto è di amicizia, oltre che di lavoro, e posso chiamarlo a qualsiasi ora perché so che ci sarà sempre. Per me è un onore il fatto che venga considerato tra i migliori al mondo. Inoltre, lavorandoci insieme posso solo confermare che è così".

Su come si vede fra tre anni:

"Mi vedo più maturo di come sono adesso e con tanta esperienza in più. Mi auguro di arrivare su palcoscenici importanti e di essere protagonista, non una comparsa".

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