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Sabato, 27 Aprile 2024
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Firenze e il "falò delle vanità": cos'è e quando avvenne

L'evento, avvenuto in Piazza della Signoria, è legato alla storia del Martedì Grasso

Bruciare tutto quanto poteva rappresentare lusso, vizio, sfarzo. In una parola, vanità. Questo accadde il 7 febbraio 1497 in Piazza della Signoria, dove Girolamo Savonarola, insieme ai suoi seguaci, detti i "Piagnoni", fece ammassare tutti gli oggetti ritenuti peccaminosi che aveva fatto sequestrare ai fiorentini e li dette alle fiamme, proprio nel giorno del Martedì Grasso, simbolo di ostentazione e piacere. Specchi, cosmetici, vestiti lussuosi, e anche strumenti musicali vennero bruciati. Altri bersagli includevano libri "immorali", manoscritti contenenti canzoni "secolari" o "profane", e dipinti. Tra i vari oggetti distrutti in questa campagna vi furono alcuni dipinti originali che trattavano temi della mitologia classica.

In seguito alla cacciata dei Medici ifnatti, il frate voleva una Chiesa priva di vizi e ricchezze, era disgustato dalla condotta dei religiosi e di Papa Alessandro VI (meglio conosciuto come Papa Borgia). Ma le sue prediche non si fermavano qui. Egli infatti parlava direttamente ai fiorentini, condannava i loro costumi lussuosi e lussuriosi, derivanti dal terribile dominio de I Medici. Savonarola, infatti, fu un grande nemico della dinastia fiorentina, e molte volte entrò in conflitto con Lorenzo il Magnifico, poichè si rifiutava di rendergli omaggio.

Le leggende narrano che anche Sandro Botticelli avesse gettato alcuni suoi quadri sulla pira, per vederli distruggere dalle fiamme, convinto dalle parole di colui che, nei secoli, è stato considerato allo stesso tempo dai detrattori un asceta oscurantista, propugnatore di una sorta di teocrazia bacchettona e intollerante e dai sostenitori un rivoluzionario intransigente, nonché fine teologo, animato dal desiderio di giustizia sociale e dal legittimo sdegno per la corruzione della società. Le sue prediche affollatissime e ricche di fervore condannavano vizi e ricchezze dei religiosi e, in generale, i costumi lussuriosi dei ricchi fiorentini, sui quali si sarebbe abbattuto il castigo divino. 

Dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, Savonarola divenne la guida religiosa e politica della sollevazione popolare contro i Medici. 
Quello stesso Savonarola che, appena un anno dopo al falò delle vanità, sarebbe stato rinchiuso nell' "Alberghetto", la cella nella torre di Arnolfo (la stessa dove era stato rinchiuso anche Cosimo il Vecchio, prima di essere condannato all'esilio), interrogato e torturato, per poi esser condannato all'impiccagione seguita dal rogo, proprio in Piazza della Signoria. 

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