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Lavoro, a Firenze e provincia mancano ispettori: “Ma oltre alle assunzioni serve altro”

Sono circa 40, tra vigilanza ordinaria e tecnica. Cappellini: “Per un controllo ad una azienda possono passare anche 15 anni. Necessari investimenti a 360 gradi, occorrono sistemi informativi e banche dati che dialoghino tra loro”

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Ventiquattro ispettori di vigilanza ordinaria per controllare oltre 100mila imprese. Sono i numeri “impossibili” a Firenze e provincia: per un’azienda la probabilità di ricevere un controllo è davvero remota. “Possono passare anche 15 anni - spiega Micaela Cappellini, ispettrice del lavoro e coordinatrice regionale toscana della Fp Cgil per l’Ispettorato del lavoro - Nel frattempo un’impresa fa in tempo a chiudere, riaprire, cambiare titolare e mettere una testa di paglia”.  “Inoltre - aggiunge - fino a fine giugno avevamo al nostro interno una sola ispettrice tecnica addetta alla sicurezza dei luoghi di lavoro. Da luglio a settembre ne sono entrati altri 16 su 662 a livello nazionale (assunzioni volute dal ministro Orlando con il governo Draghi, ndr) che però sono ancora in formazione, perché non è un’attività che si apprende in un mese”. 

I numeri dei controlli

Secondo quanto riportato dal Fatto Quotidiano, nel 2023, gli accessi ispettivi totali nell’area fiorentina sono stati 1.231: su 988 ispezioni definite, 724 sono risultate irregolari, il 73,28%. Considerando solo le verifiche che riguardano le norme su salute e sicurezza, queste sono state 196; un calo rispetto ai 224 accessi del 2022. Tuttavia quelli del 2023, pur se inferiori nella quantità, sono risultati più efficaci, infatti hanno riscontrato 572 violazioni, a differenza delle 236 del 2022.  

In attesa del report dell’Ispettorato del lavoro con i dati del 2023, nel 2022 a livello nazionale le ispezioni sono state 82.183, nel 72% dei casi sono state riscontrate irregolarità di vario genere (59.023); 314.069 i lavoratori irregolari, 19.932 quelli totalmente a nero.

Assunzioni, ma non solo...

Domenica scorsa, visitando il cantiere della strage, la ministra Marina Calderone ha annunciato che nel 2024 il numero delle ispezioni in materia tecnica sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro aumenterà del 40%, grazie alle assunzioni del governo nello scorso anno. “In realtà dire ‘metteremo altri ispettori’ rischia di essere uno specchietto per le allodole, non è una attività che si fa ‘un tanto al chilo’. Occorrono invece investimenti a 360 gradi, ci vogliono sistemi informativi e banche dati che lavorino tra di loro. Ad oggi non è così e fare attività di repressione e, soprattutto prevenzione,  è un autentico caos”.

Nel mirino c’è la riforma stessa che ha creato l’Ispettorato del lavoro, 2015 con il governo Renzi: “Una riforma a costo zero. Doveva nascere un’agenzia che racchiudesse tutti gli organi di vigilanza, manca però la volontà politica di farla funzionare veramente”.  Ma non è l’unica nota dolente. “Ad esempio - spiega Matteo Ariano, coordinatore nazionale Fp Cgil per l’Ispettorato del lavoro -  il Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro necessita di oltre 20 decreti per l’attuazione. Tra le altre cose, prevedeva la condivisione delle banche dati di Inail, ministero del Lavoro e Regioni già nel 2008, condivisione che è stata avviata solo nel 2022”.

Reato di omicidio sul lavoro

“Per questo - riflette Ariano -  prima di introdurre nuovi reati, come l’omicidio sul lavoro, bisognerebbe intervenire per far funzionare l’apparato normativo che già esiste. È comunque una posizione personale - puntualizza - non del sindacato. Semmai dovremmo pensare a cambiare le regole sugli appalti, per evitare che si ripetano situazioni come quella di via Mariti”. Il cantiere dove è avvenuta la strage venerdì 16 febbraio, “è una realtà molto complessa, non può essere un’ispezione mordi e fuggi dove dopo una settimana ho già concluso gli accertamenti. Richiede tante risorse umane per sentire tutti i lavoratori delle numerose aziende in subappalto, si parla di oltre 60, per capire a quale ditta facciano riferimento e ricostruire poi l’intera catena”.

Il caporalato in edilizia

Un fenomeno in crescita, che non riguarda solo un settore, l’agricoltura e un’area geografica, le campagne del sud. Coinvolge la logistica come il turismo, passando, appunto per l’edilizia. Manodopera quasi sempre straniera, molto spesso non qualificata. “Ci sono vere e proprie squadre di operai, normalmente nordafricani o romeni (anche gli operai morti a Firenze erano originari di Marocco e Tunisia, quelli feriti della Romania, ndr) che girano tutta l’Italia, da una parte all’altra. Le aziende più grandi vanno a scaricare il costo del lavoro su quelle più piccole che a loro volta per risparmiare prendono personale a nero o non rispettano le norme sulla sicurezza”. Con le conseguenze a cui assistiamo quotidianamente, cui segue l’inevitabile cordoglio, per poi passare oltre. Fino al prossimo incidente. 

“Vale anche per noi ed è un motivo di rabbia - conclude Cappellini - Ci si ricorda degli ispettori del lavoro solo a tragedia appena avvenuta, ancora calda. Poi quando anche questa strage sarà passata nel dimenticatoio, rientreremo nel magma dell’apparato statale parassita”. 

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