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Cronaca

Perché “ballottaggio” è una parola tutta toscana

Tutti i fiorentini sanno bene che, in autunno inoltrato, è tempo di castagne. O, per  meglio dire, di “ballotte”, i marroni che vengono lessati per circa un'ora in una pentola d'acqua insieme a del finocchio selvatico. Non tutti però sanno che proprio da questo buffo termine vernacolare deriva la parola italiana “ballottaggio”. Nella piazzetta di San Martino all'angolo con via Dante Alighieri si trova la Torre della castagna, conosciuta anche col nome di Bocca di Ferro. L'antichissima costruzione,  eretta probabilmente intorno all'anno Mille, fu la prima sede dei Priori delle Arti, che incarnavano il potere esecutivo e rappresentativo della Firenze medievale. Proprio qui infatti, prima che venisse costruito il palazzo del Bargello, i membri del priorato si riunivano per prendere le decisioni più importanti sulle loro rispettive corporazioni. Per evitare di essere influenzati o intimoriti da banchieri, politici e commercianti della città, i priori si rinchiudevano dentro la Torre letteralmente in conclave (dal latino “cum clavis”, ovvero “sotto chiave”). Come riporta lo storiografo dell'epoca Dino Compagni, essi «stettono rinchiusi nella torre della Castagna appresso alla Badia, acciò non temessono le minacce de' potenti». 
Tra le mura dell'edificio i membri del priorato esprimevano le loro preferenze di voto mettendo una castagna, in fiorentino chiamate appunto “ballotte”, che venivano poi raccolte in una borsa, per poi mettere a confronto il numero delle preferenze con quello dei votanti. Una pratica che, anche nel nome, ricorda quella del moderno ballottaggio, espressione che indica la votazione tra due o più candidati. Secondo un'altra versione, la parola deriverebbe invece dal dialetto veneziano, dove il termine “ballotta” indicava proprio un piccolo oggetto dalla forma sferica utilizzato nel Medioevo per votare l'elezione del doge di Venezia.

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