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Baggio entra nella Hall of Fame, la premiazione a Palazzo Vecchio

Tra gli applausi il Divin Codino ritira il premio a Palazzo Vecchio. Baggio si rivolge ai più giovani: "Abbiate passione in quello che deciderete di fare"

Il Divin Codino è tornato a casa, in una delle tante che lo ha accolto, sognato, amato, desiderato. Dove è passato il verbo di Baggio, ancora se ne sentono gli echi. Firenze non è un’eccezione, anzi, lo ha amato e continua ad amarlo. Ed il campione non ha mai nascosto di portare ancora la città nel cuore. Un sentimento cristallino, viscerale. All’interno del Salone dei Cinquecento, durante la consegna dei riconoscimenti della Hall of Fame del calcio italiano, gli occhi e gli applausi erano tutti per lui.
Diciamocela tutta, non c’è luogo in cui Baggio non sia amato: dai ricordi della memoria alle piazze italiane, dal tifo per la maglia azzurra all’affetto ricevuto in tutti gli angoli del mondo. Prova ne è questo pomeriggio, quando salendo le scale di Palazzo Vecchio è stato rincorso da un ragazzo asiatico, con in mano la maglia azzurra. “Baggio – in un italiano stentato – autografo, per favore”. Un sorriso, occhi sinceri, una pacca, prende la penna e firma la maglia. Anche questo è Baggio. Questo e molto altro. Mistero cosmico, attrazione, magia, illusione, leggerezza, piuma. Sguardo triste, malinconico, piedi divini, la grandezza del gesto tecnico, naturale, perfino semplice. Poesia pura; il calcio in quegli anni si è fermato, meglio si è incollato, tra i suoi piedi fatati. Un 10 vero, il più grande del nostro calcio.

Premiazione Hall of Fame © TmNews – Infophoto

Oggi Baggio a Firenze è entrato ufficialmente nella Hall of Fame. Scontato direte. Chiamato a ritirare il premio, nel palco ha parlato di impegno, di nostalgia, e rivolgendosi ai giovani ed ai giovanissimi che ancora lo acclamano: “Abbiate passione per quello che fate, qualunque cosa sceglierete di fare”. Questa mattina, prima di ritirare il premio, ha fatto visita al Museo del Calcio a Coverciano, dove ha donato il completo azzurro di Francia ’98, la partita che segnò la fine (ai rigori) dell’avventura azzurra in quel mondiale. Dal dischetto Baggio insaccò, quattro anni dopo l’errore in finale a Pasadena, contro il Brasile. Poi le lacrime, ed in quel pianto si strinse tutta l’Italia. Nel ’98 lo stesso destino toccò a Di Biagio: tiro, traversa, gli occhi atterriti del centrocampista, e l’Italia che tornò in patria anzitempo. “Ho donato la maglia che segnò una sconfitta dolorosa – ha commentato Baggio –, è importante che i ragazzi sappiano che anche in una sconfitta si può uscire a testa alta”.
Finita la cerimonia, fatte le foto di rito, il Codino è stato preso d’assalto: ragazzini delle scuole calcio, flash, autografi, domande, taccuini e telecamere. Amore granitico, senza riserve: “Sono contento, vuol dire che ho lasciato un bel ricordo” ha commentato. Alla domanda su un suo possibile futuro da allenatore, Baggio ha sorriso: “Ho un sacco di progetti interessanti, ma ancora ad allenare proprio non ci penso. Sto facendo il Master a Coverciano, vedremo in futuro”. Il Roberto nazionale e della Nazionale, il Pallone d’Oro 1993, fa come in passato: dribbla tutti con eleganza, scarta i giornalisti, passa e se ne va. Ieri i difensori, oggi le telecamere. Il risultato è sempre lo stesso.
 

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