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Corteo Cgil, Renzi lavora in Giunta sui 100 luoghi e il Pd lo attacca

Il presidente della Regione Rossi:"ognuno fa le proprie scelte ed io non sono l'esegeta del Renzi pensiero, ho altri scopi nella vita". Dura anche la Bindi: "spero non se ne debba pentire"

Come Erik si aggirava di notte, nell’oscurità dei cunicoli del Teatro dell’Opera di Parigi, così come ci ha raccontato Gaston Leroux nel proprio capolavoro Il Fantasma dell’Opera, così ieri sul corteo della Cgil aleggiava una presenza - assenza pesante, e molto. Matteo Renzi, come ampiamente annunciato, non è sceso in piazza, non ha sfilato contro la manovra del Governo. Mentre il corteo sfilava tra piazza Cavalleggeri e Santa Maria Novella, era impegnato in una Giunta fiume sui 100 luoghi di Firenze. Una scelta che ha fatto molto discutere. Tanto che parte del corteo ha bollato il comportamento del primo cittadino di Firenze con una scritta comparsa in molti volantini e su uno striscione posto proprio sotto le mura di Palazzo Vecchio: “Renzi, il sindaco che la destra ci invidia”. La contestazione era inevitabile, la piazza, si sa, non perdona ed il dibattito non poteva e non può che essere acceso.

I mal di pancia si sono fatti sentire non solo dai lavoratori e dai loro rappresentanti ma anche da gran parte dell’establishment del Partito Democratico toscano e fiorentino, ieri al fianco della protesta e del sindacato. A partire dal presidente dei democratici, Rosy Bindi: “ognuno fa le scelte che vuole, io credo che in questo momento bisogna stare da questa parte senza incertezze. Chi fa diversamente si assuma le proprie responsabilità. Spero non se ne debba pentire”. Parole cristalline, dure; un richiamo a tinte forti, preciso ed inequivocabile. Parole condivise dall’onorevole Tea Albini, promossa in parlamento nelle fila del Pd, a seguito dell’elezione a sindaco di Siena di Franco Ceccuzzi. Anzi l’Albini, che ancora siede nei banchi del Consiglio comunale di Firenze, se possibile ha tuonato ancora più forte: “l’assenza del sindaco e della giunta, oggi qui, l’altro giorno a Milano, secondo me è gravissima. Non essere qui a fianco dei lavoratori che protestano, è quantomeno miope”.

Vicino alla testa del corteo il presidente della Regione, Enrico Rossi, giacca in spalla, si dirige verso il palco di Santa Maria Novella. Tra una riflessione e l’altra sulla manovra, ha il tempo, anche se mal volentieri, di lasciarsi andare su una battuta: “ognuno fa le proprie scelte ed io non sono l’esegeta del Renzi pensiero, ho altri scopi nella vita”. C’è disappunto, e non poteva essere altrimenti; c’era molta sinistra in piazza, molti avrebbero preferito un segnale forte. Molta sinistra ma anche molte fasce tricolori ieri in piazza. Colleghi di Renzi che hanno seguito una strada diametralmente opposta. “Credo sia giusto portare – ha dichiarato il sindaco di Sesto Fiorentino, Gianni Gianassi – i nostri comuni e le nostre comunità in piazza, sotto attacco dalla medesima manovra, tra le persone vere, i lavoratori, tra chi paga la crisi prima di tutto. Chi ha deciso di non esserci renderà conto alle forze politiche che lo sostengono ed ai cittadini che lo hanno eletto”. Il sindaco di Campi Bisenzio, Adriano Chini si sofferma su chi non c’era e si lancia in una riflessione ad ampio respiro: “c’è chi pensa che l’Italia vada destrutturata; l’Italia va cambiata non destrutturata, chi pensa debba essere destrutturata, oggi non c’è”. Sulla stessa linea d’onda di Chini le considerazioni del presidente della provincia di Firenze Andrea Barducci pronunciate con forza dal palco di Santa Maria Novella: “ci sono delle assenze, ce ne rammarichiamo naturalmente; questo è il momento di stare fuori dai Palazzi, questo è il momento di scegliere da quale parte della barricata si vuole stare”.
 

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