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Forteto: sì del Senato, inchiesta parlamentare a un passo

Via libera all'unanimità per la commissione d'indagine, ora la legge passa alla Camera

Il Senato ha dato il via libera all'indagine parlamentare sul Forteto e ora la commissione d'inchiesta è a un passo. Perché la legge diventi realtà serve adesso il passaggio dalla Camera, che potrebbe avvenire entro poche settimane. E così per la prima volta il Parlamento avrà la possibilità di indagare sulle coperture, gli aiuti, ma anche sui silenzi che hanno causato l'orribile vicenda.

L'istituzione della Commissione è un passo importante perché permetterebbe un'inchiesta approfondita e con più poteri, dopo le due svolte dal Consiglio regionale, sui responsabili dopo la condanna di Rodolfo Fiesoli e motivazioni che fanno rabbrividire. Così come dovrà essere risolto il nodo della cooperativa, tutt'oggi attiva e nella quale vivono e lavorano alcuni dei coinvolti nei procedimenti giudiziari. Già nella scorsa legislatura la commissione era stata votata dal Senato ma poi decaduta per il termine della legislatura. 

La proposta della senatrice Laura Bottici del Movimento 5 Stelle (ma moltre altre proposte sono state avanzate alla Camera dal centrodestra) è stata salutata positivamente da tutti i gruppi. Ciononostante non sono mancati in aula i distinguo e le polemiche. I partiti che formano la maggioranza di governo si sono mostrati infatti decisissimi a dare battaglia per scoprire la verità.  Una maggioranza allargata su questo tema a tutto il centrodestra, con Forza Italia e Fratelli d'Italia.

Per la senatrice Bottici, intervenuta in aula, "dobbiamo prima di tutto chiedere scusa" alle vittime a cui "non solo dobbiamo il risarcimento morale, ma anche la riabilitazione nella società". Duro il segretario toscano della Lega Manuel Vescovi, secondo cui "tutto quello che è successo al Forteto ha un colpevole che si chiama Partito democratico". 

Ha votato a favore senza indugi anche il gruppo di Fratelli d'Italia: Patrizio La Pietra ha parlato di "ferita aperta" e sottolineato che "le sentenze non bastano", perché in quella che viene considerata una setta "pare che nessuno abbia collaborato con Rodolfo Fiesoli". A parte lui, infatti, delle 23 persone rinviate a giudizio in primo grado, nessuno è stato condannato al terzo grado" per lo più "a causa delle prescrizioni". 

A tratti sorprendente il senatore Riccardo Nencini: dopo aver fatto parte dei governi Renzi e Gentiloni, che hanno negato il commissariamento della struttura, ha espresso posizioni favorevoli al commissariamento, chiedendo "verità". Di apertura tiepida la posizione del Pd, espressa nell'intervento di Caterina Biti, che ha chiesto di "evitare strumentalizzazioni nella vicenda" per "salvaguardare il tessuto produttivo e i lavoratori".

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