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Elezioni 2014: a sinistra Renzi e la 'guerra' degli outsider, a destra niente primarie

Le urne si apriranno a primavera ma per la partita di Palazzo Vecchio c'è già stato il fischio d'inizio. Con la sinistra in attesa di sapere cosa farà Renzi e la destra con Toccafondi ma senza primarie

Primarie sì o primarie no? Farle o non farle? Dipende dalla geografia politica. A sinistra le primarie si fanno: un anno fa, a cavallo tra novembre e dicembre, il testa a testa tra Renzi e Bersani, con l’allora segretario del Pd che si portò a casa il piatto ricco. Un mese dopo, 24 ore prima di Capodanno, il Partito democratico era ancora in pista: stavolta le primarie servirono a compilare la rosa dei nomi dei futuri onorevoli (‘listino’ permettendo). Ed in passato, è stato così per Prodi, Veltroni, la prima di Bersani che la spuntò su Franceschini. E sarà così anche per il giro di Renzi. A sinistra, il problema, non è il concetto, ma le regole che sostengono la messa in pratica di questa filosofia. Le asprezze stanno tutte qui. 

A destra invece l’idea non è andata mai in porto. Perché? Per via di Silvio Berlusconi, che da quelle parti fa il bello ed il cattivo tempo da circa vent’anni. Il ‘Capo’ c’è ed è indiscusso. la selezione della catena di comando non serve. E che nessuno provi a rinnovare la gerarchia interna. Un esempio: autunno 2012. Berlusconi decide di lasciare. Mette tutto in mano ad Alfano che su Youtube, a fine novevembre, annuncia le primarie. Il segretario del Pdl è raggiante, sorride: “Sono contento, a queste primarie ho tanto creduto. È la scelta che può far rinascere il centro-destra italiano”. Raggiante sì, ma per poco. Un paio di settimane dopo, Berlusconi ufficializza la sua ritirata.

Con tanto di videomessaggio e una mission: far decollare l’Università della Libertà (un suo vecchio pallino), senza farsi mancare una serie di progetti umanitari in giro per il mondo. Appena quarantotto ore dopo, una sentenza nel mezzo, ‘Silvio’ era di nuovo in pista con un nuovo-vecchissimo progetto: “riformare la giustizia” e mettere al riparo gli italiani dalla sinistra post-comunista (già sentito?). E le primarie? “Non è il momento, le abbiamo congelate, non credo sia lo strumento ora più adatto anche perché se ci sono io….”. Le cronache da retrobottega raccontano di un Alfano intrappolato in silenzio polare. Game over, partita chiusa. 

SINISTRA Se non fosse che a Firenze, nella primavera del 2014, si voterà per l’elezione del nuovo sindaco. A sinistra per adesso si è candidato solo Claudio Fantoni, l’ex assessore al bilancio della giunta Renzi che ruppe con il sindaco e se ne tornò a fare il corista nel coro del Maggio fiorentino. Sempre a sinistra, il grosso della partita, le primarie appunto, si giocherà un po’ più avanti, quando il Rottamatore scioglierà tutti i nodi. Per adesso le posizioni sono congelate: Letta è il presidente del consiglio e Renzi gli vuol dare non due ma “quattro mani”. Proprio per questo, ad oggi, il sindaco ha intenzione di ricandidarsi e, storia da qui ai prossimi mesi, da sindaco prendersi il Partito democratico. Doppio ruolo, impegno bi-fronti: sindaco e segretario. Così a fine mandato, così dopo la riconferma, scontata se fosse della partita, alla guida della città.

Questo il progetto di massima. Ma tra il dire e il fare, cioè intersecare nella già fittissima agenda del segretario una giunta o un’inaugurazione di una strada, di un asilo nido, appare complicato. Che la doppia veste sia solo una boutade da campagna elettorale? Probabile, in molti, si aspettano il passo indietro (anche se, la regola, visto le variabili in campo, è quella di navigare a vista). Che potrebbe esser doppio e rapido se l’esperienza Letta, perennemente appesa, dovesse franare nel breve. A quel punto Renzi sarebbe il naturale candidato premier dei democratici. Addio, anzi, arrivederci Firenze. Solo così si infiammerà la partita a sinistra: e allora i vari contendenti, quelli oggi solo mormorati – Nardella, Giani, Saccardi, Barducci – giocheranno a carte scoperte. La guerra degli outsider. 

DESTRA – E a destra? Di sicuro l’onorevole Toccafondi sarà della partita nei panni dell’uomo del Pdl. E ci sarà anche Mario Razzanelli, il capogruppo di Lega Nord Toscana in consiglio comunale. Il discorso qui si fa tuttavia più complicato: più che di nomi, infatti, il dibattito si sta attorcigliando sul modo. Ovvero, le primarie: trovare l’accordo di coalizione e di conseguenza sulle primarie, o ognuno per sé e Dio per tutti. Più probabile la seconda. Chieste da Fratelli d’Italia, chieste dalla Lega, le primarie a destra appaiono un miraggio.

E c’è chi fa sentire il proprio dissenso. Come Razzanelli, appunto, che la butta in numeri, quelli del sondaggio dell’Istituto Freni, in cui il 68% degli elettori di centrodestra condivide le primarie per la scelta del candidato a sindaco ed il 58% vi parteciperebbe. Almeno diciottomila: tanti, secondo l’esponente del Carroccio. “Questo significa che – ha dichiarato il capogruppo – se il centrodestra imboccherà questa strada, come Lega Nord e Fratelli d’Italia chiedono, sarà capace di esercitare una capacità di richiamo uguale o maggiore di quella messa in campo dal PD per le Primarie che consacrarono Renzi come candidato sindaco (e che videro la partecipazione di 37mila persone), e circa 20mila fiorentini potranno scegliere il loro sindaco di centrodestra, imprimendo una svolta davvero epocale alla vita politica di Firenze degli ultimi anni”. 

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