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No all'aumento per le spese militari, l'appello: “Inaccettabile spendere di più in armi e tagliare sanità e istruzione”

L'appello e la raccolta firme lanciati dai tre ex presidenti della Regione Rossi, Martini e Chiti e dall'ex ministra Bindi

No all'aumento delle spese militari fino al 2% del Pil, come chiesto dalla Nato e come votato dal parlamento nelle scorse settimane. Un appello per dire no alla corsa agli armamenti, e per chiedere a governo e parlamento di tornare sui propri passi nella prossima legge finanziaria, arriva dai tre ex presidenti della Regione Enrico Rossi, Claudio Martini e Vannino Chiti, oltre che dalla ex ministra Rosy Bindi e personalità religiose e della cultura.

“L'aumento delle spese militari fino al 2% del Pil è eticamente inaccettabile e politicamente sbagliato”, si legge nell'appello, lanciato nei giorni scorsi sulla piattaforma Change.org e che chiede anche la ratifica del trattato contro la proliferazione delle armi nucleari durante.

I promotori dell'appello, che per il momento ha raccolto oltre 5.300 firme, chiedono una razionalizzazione delle spese militari, invece di un aumento, e una spinta verso un esercito europeo e verso una politica estera e di difesa anch'esse di scala continentale. Una linea, quella dei tre ex presidenti di area Pd, in netta contrapposizione alla linea nazionale del partito, che con il segretario Letta ha sposato il sì al riarmo.

“L’obiettivo - si legge nell'appello -, è realizzare forze militari europee, non incrementare spese nazionali. L’Unione Europea deve assumere la responsabilità sulla difesa, la sicurezza e la politica estera. La realizzazione di un esercito europeo richiederà tagli e razionalizzazioni in alcuni settori, incrementi in altri: non un generico aumento e spreco di risorse”.

Portare le spese militari al 2% del Pil significa aumentarle di 13 miliardi, rispetto ai 25 miliardi di spese attuali.

“L’aumento delle spese militari non ha niente a che vedere con il diritto dell’Ucraina di difendersi dall’aggressione della Russia né con il nostro dovere di sostenerla: il collegamento strumentale che viene fatto per meglio far accettare la scelta di una crescita dei fondi per gli armamenti rischia anzi di determinare un indebolimento del sostegno popolare alla causa dell’Ucraina”, si legge ancora nell'appello dei promotori, forti di sondaggi che rivelano che la maggioranza degli italiani, circa il 60%, sarebbe contraria all'aumento.

“La logica di aumentare le spese militari per difendersi dalla Russia non tiene perché la Russia spende 60 miliardi di euro all'anno in armamenti, mentre tutti gli stati dell'Unione Europea insieme ne spendono 230. Quindi se si facesse un esercito unico europeo ci sarebbero margini per fare molti risparmi”, spiega Enrico Rossi, in una conferenza stampa, ieri mattina, per fare il punto sull'andamento dell'appello.

Sì ad una razionalizzazione, e no ad un aumento, è la richiesta anche di Rosy Bindi. “La spesa militare non va aumentata ma va qualificata - dice l'ex ministra -. Dobbiamo pensare ad una politica estera e una politica di difesa europee, non dei singoli stati. Questa corsa al nazionalismo attraverso l'aumento della spesa militare è dannosa, dobbiamo invece rafforzare il vincolo europeo. La guerra all'Ucraina è una sfida a tutta l'Europa, o l'Europa si rafforza come entità politica o rischia di non riuscire a mantenere i risultati raggiunti in questi anni”.

“C'è anche una ragione etica – prosegue Bindi -. Credo che dopo due anni di pandemia sia inaccettabile che a fronte dell'aumento delle disuguaglianze si diminuiscano le spese sanitarie, per l'istruzione, per la ricerca, per la lotta alla povertà, e si aumentino per la spesa militare”.

“Aumentare le spese militari significa anche aumentare le esportazioni future di armamenti e la possibilità che questi processi sfocino in nuove guerre. Ricordiamo che l'Italia vende armi anche all’Egitto di Al Sisi ed armi usate nella guerra in Yemen, dove negli ultimi anni sono morte decine di migliaia di persone”, aggiunge Simone Siliani, direttore di Fondazione Finanza Etica e tra i promotori dell'appello.

Tra gli altri, promotori dell'appello sono anche Ugo Caffaz, l'imam di Firenze Izzedin Elzir, Marco Filippeschi, Severino Saccardi, padre Felice Scalia, Walter Tocci, don Armando Zappolini di Libera.

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