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Martedì, 30 Aprile 2024
Cronaca

Olio deodorato, un pericolo per l'extra vergine toscano?

Un viaggio all'interno degli acidi grassi e maleodoranti degli oli di bassa qualità, dei limiti e dei paletti dell'UE, fino alle richieste del presidente del Consorzio IGP toscano

Olio, olive, sapore di Toscana. Non c’è niente da fare, ogni qualvolta il discorso verte su vino ed olio questa regione viene tirata in ballo, e non potrebbe essere altrimenti. Così come quando, oltre a parlarne, l’Europa legifera in tal senso. Non è una novità, anzi l’Unione Europea ha nell’alimentare un appeal concreto, un approccio diretto, una capacità decisionale molto più efficace che in altri ambiti della vita comunitaria. Chiaro non tutte le scelte sono piaciute, le vicende del parmigiano reggiano e della bistecca fiorentina sono lì a ricordarlo. Questa volta tuttavia in molti hanno parlato di passo importante in una giusta direzione. Si parla di olio, dell’extra vergine di oliva. C’è chi grazie a quell’etichetta ci ha mangiato e molto. Questione di furbi. I supermercati in questo senso sono una validissima cartina di tornasole. Scaffale degli oli da tavola, decine di bottiglie di extra vergine, una di fianco all’altra, sotto i prezzi: medio, dai 5 a 7 euro al chilo, alto, intorno ai 9 - 10 la bottiglia; alcuni frantoi si presentano con prezzature molto spesso proibitive. Poi guardando bene ce ne sono alcuni la cui fascia di prezzo si aggira attorno ai 2 – 3 euro.

Come è possibile?  “Saranno olive diverse, di zone meno pregiate”, viene da pensare. Può essere, ma spesso si tratta di olio deodorato. Un prodotto nato difettoso e successivamente riqualificato, rigenerato. Varie le cause di questo “difetto”: olive maltrattate durante la raccolta o prese quando già a terra e quindi in piena fermentazione (o almeno in stato avanzato), ammassate per giorni prima della spremitura o conservate senza ossigeno in sacchi di plastica chiusi. Tutte questi fattori fanno sì che nel prodotto finale vi sia la presenza di acidi grassi: alchil esteri e metil esteri. La loro quantità aumenta in presenza ed a causa di fenomeni fermentativi e degradativi di olive di scarsa qualità (danneggiate, conservate in condizioni non ideali prima della lavorazione, troppo mature). L’olio alla fine viene lo stesso ma con un problema, ha un odore sgradevole, in sostanza puzza. Alcuni produttori hanno aggirato l’ostacolo, lo hanno deodorato, ne hanno tolto l’olezzo. Come? Attraverso soluzioni blande, oppure miscelandolo il risultato difettoso con un olio senza difetti. Finita l’operazione, è imbottigliato, etichettato e passato come extravergine. Qualcuno negli anni passati ha cominciato a mettere gli occhi su questo giochino.

Diverse analisi di laboratorio hanno dimostrato presenze di acidi grassi, etanolo e metanolo molto elevati. L’Europa si è prima incuriosita del caso, poi se ne è interessata ed infine, trattandosi di argomento serio ha fissato i paletti. Con il nuovo Regolamento N. 61/2011 del 24 gennaio scorso l'UE ha introdotto una cifra invalicabile: un olio è da considerarsi extra vergine se o non contiene più di 75 mg/kg di alchil esteri oppure un contenuto di alchil esteri più metil alchil esteri compreso tra 75 -150 75 mg/Kg con un rapporto tra esteri etilici - esteri metilici inferiore o eguale a 1,5. Complicato, forse, questioni chimiche e numeriche. Sta di fatto che questi sono i nuovi parametri dell’extra vergine, che gli Stati membri hanno messo in pratica ed attualizzato a partire dal primo aprile scorso. Una cifra che fa discutere: in sostanza parte degli oli deodorati sono stati riconosciuti extra vergine, tutti quei prodotti cioè con deodorazioni blande. Mentre sono stati messi fuori tutti quelli con difetti gravi. Una presa di posizione legittima, giusta, che mira a rispristinare concetti di merito o i parametri stabiliti dalla Unione Europea sono troppo alti, tali da mettere al riparo mercati fortissimi (come per esempio quello spagnolo) a discapito della tradizione e della qualità. Ne parliamo con Fabrizio Filippi, presidente del Consorzio per la tutela dell’olio extra vergine toscano IGP.

Come giudica la presa di posizione dell’UE? Siete soddisfatti o temete che il parametro fissato sia troppo alto?
E’ un primo passo; non è ancora sufficiente, però intanto un paletto, se pur molto blando, è stato messo. Noi diciamo che un olio di alta qualità ha dei livelli di alchil esteri nettamente inferiori. E’ chiaro che registrare nell’extra vergine valori che si attestano attorno ai 75 mg/Kg ci fa preoccupare. Credo quindi che il nostro compito sia quello di lavorare per cercare di abbassare questo limite europeo, per dar fine a questa pratica della deodorazione che, ricordiamoci, è una truffa al consumatore.

Alla fine l’Europa ha scelto una linea mediana. Come si traduce tutto questo nel mercato territoriale che si fonda sull’alta qualità, è possibile che alcuni produttori saranno messi in difficoltà dalle scelte di Bruxelles?
E’ il mercato che quota l’extra vergine a prezzi stracciati a mettere in difficoltà i produttori. Ci sono extra vergine a 2,99 al litro. E’ chiaro che il consumatore, magari non attento, magari sprovvisto di una cultura specifica dell’olio, ed accanto semmai si ritrova una bottiglia da 12 euro, fa del prezzo l’unica discriminante. Occorrerebbe un’educazione al consumatore, cioè spendo molto di più ma ho molti benefici in termini qualitativi e salutari.

Questo limite, 75 mg al kg di alchil esteri, è molto lontano dalla qualità dell’olio toscano ed italiano. C’è stata la volontà secondo lei di preservare la potenza di alcuni mercati europei fortissimi?
C’è un grosso problema. Paesi mediterranei come la Spagna stanno puntando sulle grandi produzioni. Tutto questo ha portato a meccanizzare le tecniche di coltivazione e di raccolta. Grosse produzioni, tempi ridotti e chiaramente tutto a discapito della qualità. Quindi si può pensare che magari ci siano state delle pressioni da parte di quei paesi interessati ad innalzare questo limite. Ripeto, noi dobbiamo lavorare per abbassarlo perché se non possiamo competere sulla quantità lo possiamo fare sull’eccellenza e l’altissima qualità adeguatamente remunerata.

Non sarebbe più semplice introdurre nel mercato un’etichetta dell’olio extra vergine di alta qualità?
Oggi si può già fare, ci sono gli strumenti per distinguere l’alta qualità. La strada della denominazione per esempio, rendere un olio IGP toscano, come nel nostro caso, o DOP. In questo caso il prodotto è caratterizzato è rintracciabile da un percorso a monte, che ne garantisce l’autenticità e la provenienza. L’invito che voglio fare ai produttori è quello di caratterizzare il proprio prodotto, ad entrare in questa strada perché al riparo da produzioni difettose.

Voi come IGP toscana avete pensato ad un’etichetta in cui sia pubblicato il valore degli alchil esteri?
No, anche perché il consumatore ha pochi secondi per decidere l’acquisto e non si mette quasi mai a leggere i numeri. Noi abbiamo un sistema per cui ogni bottiglia IGP, attraverso il nostro sito internet, può essere rintracciata e chi l’ha acquistata non solo può risalire al produttore ma anche a tutte le analisi a cui quell’olio è stato sottoposto.

Visto la vicinanza della raccolta, quali sono le previsioni per l’annata?
Purtroppo per quel che riguarda l’aspetto quantitativo si presenta bene, diciamo una mezza annata, parlando in gergo olivicolo. Veniamo da un’annata particolarmente carica, oltretutto l’andamento climatico, sia a primavera che durante l’estate, è stato sfavorevole. Chi è riuscito a tenere le olive sotto controllo dagli attacchi della mosca produrrà sicuramente un buon olio, ma non ce ne sarà tanto.






 

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