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Cronaca

Da insegnante a bidella nella stessa scuola: adesso guadagna di più. "Così posso dedicarmi al mio bambino malato"

Fa un lavoro più umile ma è più soddisfatta: la storia emblematica di una giovane ex dipendente di una cooperativa

"Professoressa, la prossima ora viene da noi?". "No, io adesso pulisco corridoi". Nella scuola italiana succede anche questo. La storia è quella di Matilde (il nome è di fantasia, per tutelarne la privacy), una giovane insegnante di sostegno (ormai ex) di un istituto superiore della Toscana: in pochi giorni è passata a lavorare come collaboratore scolastico nella stessa scuola.

Dipendente per una cooperativa, faceva orari incompatibili con il suo impegno più grande: la famiglia. Il suo bimbo di quattro anni è affetto da una grave malattia rara. Della patologia si sa pochissimo e le cure sono al buio: la ricerca va sempre a rilento, laddove i pazienti da curare sono pochi. I sintomi però non lasciano spazio all'immaginazione: ritardo psicomotorio, ipotonia dell’asse, spasticità degli arti, distonia, epilessia.

Situazione difficile, l'impegno per stargli vicino e cercare per lui le cure migliori decisamente impegnativo. Così Matilde si è mossa per passare dall'impiego a tempo pieno a quello a tempo parziale e riuscire così a conciliare l'esigenza di lavorare con quella di seguire il figlio.

A primavera scorsa si è così iscritta ad una graduatoria per il cosiddetto "personale Ata". A novembre la chiamata con la proposta di lavorare quattro ore al giorno nella stessa scuola dove operava come insegnante di sostegno. Con uno stipendio simile a quello che percepiva finché faceva la maestra. 

Risultato: a tempo parziale come bidella (come il mestiere si chiamava una volta) guadagna la stessa cifra rispetto a quella che percepiva da insegnante di sostegno. Magari anche qualcosa di più. Oltre a riuscire ad avere più tempo per seguire il suo piccolo nelle cure e terapie.

Dopo la chiamata improvvisa, Matilde ha dovuto svolgere per circa due settimane entrambi i lavori, facendo i "salti mortali". Poi ha lasciato il vecchio per il nuovo. E il passaggio da insegnante a tuttofare per la scuola ha significato un notevole miglioramento nella qualità della vita, oltre che del lavoro. L'imbarazzo che ha provocato il cambio di ruolo è un problema decisamente risibile di fronte ai benefici che ne sono derivati.

"Inizialmente facevo l'educatrice nella cooperativa dalle 8.30 alle 16.30, - spiega - e per me era impossibile. Poi sono stata mandata a fare l'insegnante di sostegno alle superiori uscivo alle 14: è il momento in cui mio figlio si addormenta ed è tenuto dai nonni. Non lo vedevo mai". Non solo: "Con la cooperativa ci facevano fare anche dei corsi di formazione fuori dall'orario di lavoro, retribuiti al 50%", aggiunge Matilde.

"Oggi lavoro il pomeriggio e sono più tranquilla, sto molto meglio - racconta - e riesco a seguire come voglio il bambino. Spero soprattutto di aiutarlo a trovare le cure - conclude - ed una strada dignitosa per la sua vita".

Una vita più centrata, come si dice, mettendo davanti le priorità. Perché nella decadenza della scuola italiana succede anche che l'insegnamento sia sottovalutato fino a questo punto. Come è successo a Matilde, insegnante e mamma, per cui fare l'educatrice è stato come un lusso che non ci si può permettere.

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