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Cronaca Novoli / Piazza Dalmazia

Strage dei senegalesi: il monumento di piazza Dalmazia abbandonato dietro tre bidoni

Sono passati meno di otto mesi dal 13 dicembre 2011 dove Diop e Samb furono freddati dalla furia di Gianluca Casseri. La targa oggi è ostruita tra cassonetti dei rifiuti

“A ricordo di Diop Mor e Samb Modou, vittime di follia razzista il 13 dicembre 2011”. E poi: “A perenne memoria in Firenze città operatrice di pace per affermare i valori di integrazione e solidarietà”. Così è scritto sulla targa posta sul cippo di cemento in piazza Dalmazia. Poco meno di 8 mesi fa, in un maledetto martedì di dicembre, la mano di Gianluca Casseri freddò, a pochi metri di distanza da quella targa, Diop Mor e Samb Modou. Una 357 Magnum in mano, pensieri neri e biechi in testa. Razzismo, follia, il seme del male che vince sulla ragione, e due corpi distesi e sanguinanti coperti da due lenzuoli azzurri. Una ferita profonda in città, cronaca che è già storia.

Dopo la morte dei due cittadini africani per Firenze furono ore complicate ma intense, piene. La furia della comunità senegalese, il lutto cittadino, le bandiere a mezz’asta, la serrata dei commercianti, i taxi in silenzio radio, i banchini di San Lorenzo per un giorno chiusi e muti, i ventimila di piazza Santa Maria Novella a dire no al razzismo. Il riverbero del lutto per qualche giorno scosse i fiorentini.

Passa il tempo. I primi anniversari e la Regione Toscana che decide di dedicare il Giorno della memoria ai due senegalesi assassinati. Poi si concretizza un’idea: un ricordo tangibile, un monumento che fissi la strage per sempre. Mozioni approvate in Palazzo Vecchio; prima l’idea di un bando per le scuole fiorentine, poi quella di affidare l’opera ad un artista senegalese. Tutta roba che rimane in sospeso, così si arriva alla posa della stele. Venti aprile 2012. A scoprire la targa il presidente del consiglio fiorentino Eugenio Giani, l'assessore Massimo Mattei, il presidente del Quartiere 5 Federico Gianassi, Hassan Kebe in rappresentanza della comunità senegalese. “Con semplicità, ma con fermezza – disse allora Giani – vogliamo che per sempre vengano ricordati Diop Mor e Samb Modou, due di noi; e che per sempre rimanga impresso nella nostra memoria questo momento drammatico che ha fortemente scosso la nostra città da sempre solidale con le comunità straniere e in particolare con la comunità senegalese”.

Strage dei senegalesi: il monumento abbandonato in piazza Dalmazia

TARGA – Commozione, applausi, tutti a casa. Passano i mesi, l’abitudine al quotidiano, come natura ci impone, torna a farla da padrone. Stavolta, però, decisamente con troppa forza. Capita infatti che il monumento, anzi il piccolo cippo di cemento, venga ostruito da tre bidoni della spazzatura. Così si arriva all’assurdo che un’opera posta a ricordo di una strage sia ‘dimenticata’ da tre cassonetti per i rifiuti. Entri in piazza Dalmazia, imbocchi il mercato, a sinistra la prima bancarella, a destra tre bidoni da cui compare la targa grigia fissata con un palo di ferro dalla comunità senegalese. Dell’opera del comune non c’è traccia all’orizzonte. Così aggiri l’immondizia e ti trovi davanti un piccolo rettangolo di giardino; al centro il cippo, sovrastato dal ricordo dei confratelli dei due uccisi. Poi erbaccia, troppa e troppo alta. A sinistra del luogo della memoria una centralina della luce, a destra bagni chimici a pagamento. Un lumino da morto consumato ed una seggiola, vuota. “È la seggiola di un ragazzo senegalese”, racconta uno dei commercianti della piazza. “Veniva qui tutte le mattine e vendeva libri vicino al piccolo monumento. Nel frattempo si occupava di questa specie di tomba: tagliava l’erba e cercava di mantenere questo piccolo spazio più in ordine possibile. Ora è un po’ che non torna, e in effetti, sa un po’ di abbandonato”.

Giusta riflessione, il sapore dell’abbandono. Un immagine triste e mortificante, lontana anni luce dalle parole del sindaco Matteo Renzi rivolte alla comunità senegalese il giorno del lutto cittadino: “Siete parte integrante e fondamentale della nostra città e del nostro Paese”. La targa, infatti, è marginale e dimenticata.
 

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