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Oriana Fallaci, maledetta toscana fuori dal coro

Personalità di malapartiana memoria, il 29 giugno 2019 avrebbe compiuto 90 anni: nel giorno della sua nascita, ricordiamo la celebre giornalista e scrittrice

Maledetta toscana per antonomasia: ci piace immaginarla così Oriana Fallaci, intenta a discorrere con il suo maestro Curzio Malaparte, sempre pronta a mettere tutto in discussione.

Già, perché come litigava lei non sapeva litigare nessuno, ricordava affettuosamente Ferruccio De Bortoli parlando di questa penna eccezionale dalla personalità fuori dal comune.

Ed è il suo essere stata sempre non allineata ad averle fatto prendere posizioni talvolta radicali. Quel che rimane di lei sembrano oggi solo certe provocazioni, posizioni certo discutibili, ma che hanno spesso finito per eclissare il resto di una vita eccezionale. 

Oriana nacque a Firenze il 29 giugno 1929, e parve essere destinata ad una vita in prima linea fin dalla giovinezza, quando prese attivamente parte alla Resistenza italiana, accompagnando con la sua bicicletta i prigionieri inglesi e americani fuggiti dai campi di concentramento italiani dopo l’8 settembre verso le linee alleate.

«Mi ritengo comunque una fiorentina pura - affermava con forza sulle pagine dell'Europeo- Fiorentino parlo, fiorentino penso, fiorentino sento. Fiorentina è la mia cultura e la mia educazione. All’estero, quando mi chiedono a quale Paese appartengo, rispondo: Firenze. Non: Italia. Perché non è la stessa cosa». 

Il suo esordio nel mondo del giornalismo avvenne tra le pagine del Mattino dell'Italia centrale, quotidiano fiorentino che nel 1946 pubblica il suo primo articolo: un mestiere che, almeno all'inizio, rappresentà soprattutto un compromesso, un mezzo per arrivare alla letteratura. E scrittore, non scrittrice, sarebbe rimasto per sempre il suo modo di definire se stessa.

Senza mai mettere da parte la scrittura creativa, sarà poi nel ruolo di inviata di guerra che Oriana raggiungerà la sua dimensione ideale, seguendo da vicino gli scontri in Vietnam, Iraq e Afghanistan.

Indomita nelle corrispondenze dal fronte, perennemente in direzione ostinata e contraria nelle sferzanti interviste ai potenti del mondo (su tutte, ricordiamo quella che l’Ayatollah Khomeini le rilasciò nel 1979 a Teheran), niente sembra spaventare questa giovane donna, nemmeno il tragico amore per l’eroe dell’opposizione greca Alekos Panagulis, trasposto sulla carta nel capolavoro "Un uomo" (1979).

Una guerriera, insomma, un'amazzone selvaggia del quarto potere, con la sigaretta e la macchina da scrivere come lancia e scudo, in una perenne lotta contro tutti e tutto.

Cinica e ingenua, Oriana era una Penelope che si sentiva Ulisse, certo non adatta a tessere la tela tra le mura domestiche, ma pronta a espugnare Troia e le sue alte mura. Senza aver paura delle conseguenze.

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