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Cronaca

Che cos’è l’inchiesta Open: gli indagati e le accuse, al netto della politica

Sulla Lepolda renziana incombe l'inchiesta della procura fiorentina: di cosa si tratta

Oltre due anni di indagini, decine di perquisizioni a politici e imprenditori, altrettanti sequestri, dissequestri, nuovi sequestri di carte, files, video. L'inchiesta sulla Fondazione Open della procura di Firenze, chiusa il mese scorso, ha prodotto oltre 90 mila pagine che ruotano intorno a un'ipotesi accusatoria ben definita: lo strumento finanziario ideato per organizzare le annuali riunioni della “Leopolda”, l'appuntamento politico-comunicativo degli alleati e dei sostenitori dell'ex premier organizzato negli spazi dell'ex stazione Leopolda, si sarebbe mosso come articolazione di partito.

Ed essendosi mossa - nell'ipotesi accusatoria del procuratore Luca Turco e dell’aggiunto Antonino Nastasi- come articolazione di partito, senza tuttavia esserlo formalmente, la Fondazione che dal 2012 (quando si chiamava 'Big Bang') al 2018 ha finanziato parte delle attività dell’ex segretario del PD, raccogliendo soldi da privati per eventi legati alla propria attività, lo avrebbe fatto senza rispettare quei requisiti di trasparenza e tracciabilità richiesti alle fondazioni che agiscono appunto come organi di partito, sottoposte a obblighi stringenti quanto a raccolta e gestione delle donazioni. Quei soldi, secondo la procura, sarebbero stati utilizzati per organizzare eventi, partnership e altre iniziative con cui Renzi avrebbe consolidato la sua leadership nel PD, di cui è stato segretario dal 2013 al 2018.

Indagato Alberto Bianchi: ex presidente della Fondazione Open, per anni 'cassaforte' della Leopolda

Toccherà comunque ai giudici stabilire se lo scopo principale della Fondazione Open fosse finanziare gli appuntamenti della Leopolda, che non sono mai stati considerati un’assemblea del PD, o se si debba considerare comunque un organo del partito, come sostiene la procura fiorentina.

Reati e indagati

Posta la premessa accusatoria, ne discendono gli indagati 'centrali', i quali non possono che corrispondere ai nomi nel Cda della Fondazione Open: l’avvocato Alberto Bianchi, presidente, e i membri: l'ex presidente del consiglio Matteo Renzi, gli ex ministri Maria Elena Boschi e Luca Lotti, l’imprenditore e diplomatico Marco Carrai. Va sottolineato che la procura, seppur l'ex premier figurasse come membro del consiglio di amministrazione della Fondazione, senza dunque cariche dirigenziali, considera Renzi il capo della Fondazione. E perciò gli contesta il reato di finanziamento illecito ai partiti. Stessa ipotesi di reato è addebitata a Boschi, Lotti, Carrai e Bianchi.

A Lotti invece viene anche contestata la corruzione per l’esercizio della funzione, in relazione a una donazione di circa 253mila euro che la società British American Tobacco fece alla Fondazione Open fra il 2014 e il 2017. Secondo l’accusa Lotti, che all’epoca era segretario del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), si sarebbe "ripetutamente adoperato in relazione a disposizioni normative di interesse" per l’azienda. Tradotto: avrebbe fatto pressioni per conto dell’azienda su iniziative del governo in cambio dei soldi versati dall’azienda stessa alla Fondazione Open, di cui era consigliere. Nello stesso 'filone' sono indagati, sempre per corruzione, Bianchi e due mananger di British Tobacco: Giovanni Caucci e Gianluca Ansalone.

Inchiesta su Fondazione renziana Open: perquisiti imprenditori

Stesso 'schema', sempre secondo l’accusa, tra il 2014 e il 2018 quando Lotti, insieme al presidente Bianchi (anch'egli indagato per corruzione), avrebbe ricevuto diverse somme di denaro dalla Toto Costruzioni in cambio di un 'trattamento di favore' da parte del governo. In pratica, i pm contestano a Lotti di essersi “ripetutamente adoperato, nel periodo temporale 2014 – giugno 2018, affinché venissero approvate dal Parlamento disposizioni normative favorevoli al gruppo Toto”, titolare di concessioni autostradali.

Il traffico d’influenze

Tra le accuse contestate dalla procura diretta da Giuseppe Creazzo ci sono anche due ipotesi di traffico d’influenze. Una è nei confronti di Patrizio Donnini, imprenditore vicino al Giglio magico, accusato anche di finanziamento illecito. Secondo gli inquirenti, sfruttando i suoi rapporti con Lotti, Donnini si sarebbe fatto dare più di un milione di euro da Toto, tramite la società Renexia, che aveva acquistato una serie di sue società con un valore “notevolmente inferiore”.

L’altra ipotesi di traffico d’influenze è contestata a Bianchi e a Pietro Di Lorenzo, imprenditore a capo della Irmb di Pomezia. Quest’ultimo secondo l'accusa avrebbe versato denaro alla Fondazione Open attraverso società e persone a lui riconducibili, ottenendo in cambio l’erogazione di finanziamenti pubblici per la realizzazione di una tv scientifica da parte del Cncss, partecipato anche dalla sua Irbm. Il meccanismo, per gli inquirenti, sarebbe sempre lo stesso: i rapporti tra Bianchi e Lotti, che è stato anche segretario del Comitato Interministeriale per la programmazione economica, da cui sarebbero passati i finanziamenti per i progetti a cui Di Lorenzo sarebbe stato interessato.

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