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Cronaca

Gucci nel mirino di Report: tsunami sul Made in Italy fiorentino fatto dai cinesi

"Cioè, all'interno dell'azienda ci deve essere il prestanome italiano. Quello che tiene i contatti con l'azienda, con i fornitori, con i clienti, insomma. È un paravento"

La griffe fiorentina Gucci, di proprietà del gruppo francese Kering, al centro della puntata di Report andata in onda ieri sera. Report è riuscita ad entrare dentro il sistema e osservarlo per cinque mesi. Grazie alla denuncia di un artigiano, e alle informazioni raccolte dal suo “socio” cinese, la giornalista Sabrina Giannini per la prima volta mostra come funzionerebbero le ispezioni di Gucci. 

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SERVIZIO - Nelle testimonianze gli artigiani lamentano di essere pagati giusto il prezzo per arrivare al pareggio dei costi. Una modalità che porterebbe a mandare a casa i lavoratori italiani sostituendoli con quelli cinesi. Quest’ultimi assunti part time, ma che lavorerebbero il doppio – se non il triplo – delle ore. Dinamica che andrebbe nella direzione di alleggerire il costo della manodopera che grava sul manifatturiero.  

LA PUNTATA DI REPORT SU GUCCI

ITALIANI - Gucci, si precisa nel servizio, garantisce che i suoi accessori sono confezionati da artigiani italiani. Proprio su questo punto la giornalista del programma di Rai 3 si interroga: “Non è chiaro cosa intenda per italiani: se lavorano sul suolo italiano, se mangiano italiano, se hanno gli stessi diritti dei dipendenti italiani”.

L'artigiano Aroldo Guidotti, pellettiere terzista, spiega: “Cioè, all’interno dell’azienda ci deve essere il prestanome italiano. Quello che tiene i contatti con l’azienda, con i fornitori, con i clienti, insomma. È un paravento”. Nella puntata si mostra come i dipendenti cinesi vengano assunti, come in alcuni capannoni di Scandicci, a quattro ore -  figurando quindi come part time - quando ne lavorerebbero dalle 14 fino alle 16. 

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I controlli e le verifiche dell’azienda però non mancherebbero: “Negli ultimi 4 anni - scrive Gucci in una mail al programma -  abbiamo condotto un numero medio di circa 1.300 verifiche l’anno non preannunciate presso i nostri fornitori di primo e secondo livello”.   

La puntata viene chiusa così da Milena Gabanelli:Bene, se si considera che un operaio cinese lavora 150 ore in più rispetto a quelle segnate non è difficile intuire l’evasione che genera questo sistema. E non è certamente colpa dei cinesi, ma di chi può tenersi in tasca quel guadagno. Un sistema che un artigiano coraggioso ha voluto smascherare autodenunciandosi, sperando così nei controlli… in maggiori e più accurati controlli che potrebbero forse evitare che un intero settore, quello manifatturiero, rischi di fallire. Ne guadagnerebbero anche i cinesi, e le certificazioni continuerebbero ad avere un valore, invece di sembrare una farsa …

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GUCCI  - La risposta di Gucci, tuttavia, non si è fatta attendere e con un comunicato stampa ufficiale, l’azienda ha così replicato:  “Gucci si dissocia nel modo più assoluto dai contenuti e dalla forma del servizio mandato in onda domenica 21 dicembre nell’ambito della trasmissione Report. La signora Gabanelli non ha mai posto a Gucci alcuna domanda pertinente su quanto da cinque mesi stava girando. Telecamere nascoste o utilizzate in maniera inappropriata, solo in aziende selezionate ad arte da Report (3 laboratori su 576), non sono testimonianza della realtà Gucci. (…) Il servizio ha accusato Gucci di consigliare l’utilizzo di “forza lavoro cinese a basso costo”. "Tutto ciò è falso e destituito di ogni fondamento e fortemente diffamatorio".

Sul caso non sono mancate polemiche. In primis dagli utenti in Rete con post durissimi all'indirizzo della maison. Ma non manca chi si è levato subito in difesa dell'azienda. Come il Presidente della Regione Toscana Enrico Rossi che su Twitter si è scagliato contro la presunta “parzialità” dell’inchiesta di Report affidando il suo disappunto a due post molto duri: 

“Report non sa di cosa parla. La Regione Toscana controlla a Prato 10 aziende cinesi al giorno. @gucci è un'azienda seria. Facile con un servizio parziale mandare all'aria il lavoro di anni. Questo non è giornalismo ma pirateria".
 

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