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Cronaca

Sollicciano, inchiesta choc: "Torture in carcere". Nove agenti indagati e tre ai domiciliari

Alcuni detenuti sarebbero stati pestati e avrebbero riportato gravi lesioni come la rottura di un timpano e delle costole

La procura di Firenze sta svolgendo un'inchiesta su presunte torture che sarebbero avvenute nel carcere fiorentino di Sollicciano. L'indagine è emersa oggi, 8 gennaio 2021, quando sono scattate le misure cautelari emesse dal gip del tribunale di Firenze.

Sono nove, destinate ad altrettanti agenti di polizia penitenziaria. Tre di loro si trovano adesso agli arresti domiciliari, mentre sei sono interdetti dalla professione. Il caposquadra finito ai domiciliari è una donna.

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Gli episodi contestati sarebbero avvenuti nel 2018 e nel maggio scorso. I detenuti picchiati avrebbero riportato lesioni come la rottura di un timpano e delle costole.

I nove indagati devono rispondere anche di falso ideologico in atto pubblico, perché avrebbero fatto passare gli abusi come 'resistenza a pubblico ufficiale' da parte dei detenuti stessi.

Il sindacato Uilpa: "Non vanificare professionalità"

La vicenda, commenta Gennarino De Fazio, segretario generale Uilpa, "vanifica il sacrificio quotidiano e infanga la straordinaria professionalità di 38.000 donne e uomini della polizia penitenziaria che quotidianamente non solo assicurano la sicurezza nelle carceri del Paese, ma costituiscono anche l’ultimo baluardo di umanità nelle frontiere penitenziarie, connotate ancora da sovraffollamento, sofferenze e abbandono della politica”.

“Sia chiaro - puntualizza De Fazio - chi sbaglia va individuato, isolato e perseguito e per questo chiediamo alla magistratura, presso cui riponiamo incondizionata fiducia, di fare chiarezza nei tempi più rapidi possibili, ma se le indagini per il reato di tortura iniziano a essere diverse in tutto il Paese, probabilmente, c’è qualcosa nell’organizzazione complessiva che non funziona e che è da correggere. Insomma, pur essendo convinti che la stragrande maggioranza degli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria coinvolti riuscirà a dimostrare la propria innocenza, appare evidente che vi sia un problema di sistema: o il reato di tortura è costruito male nel nostro codice penale o significa che l’organizzazione complessiva dei penitenziari non regge; in tal ultima ipotesi, non si può evidentemente pensare solo alla repressione, ma bisogna prevenire le degenerazioni mettendo in sicurezza le carceri, chi vi è ristretto e chi vi lavora, sotto ogni profilo”.

“In verità, noi reputiamo che ricorrano entrambe le cose: il reato di tortura è costruito male e l’organizzazione carceraria è pessima, come peraltro dimostrano gli studi che lo stesso DAP conduce da tempo, senza venirne a capo, sulla revisione del modello custodiale e le continue aggressioni fisiche, due al giorno quelle gravi, perpetrate da detenuti in danno della Polizia penitenziaria. Allora – conclude il segretario De Fazio – rivolgiamo un ennesimo appello al Ministro della Giustizia Bonafede affinché si apra immediatamente un tavolo di confronto permanente per discutere di modello custodiale, organici, equipaggiamenti, sovraffollamento detentivo e, non ultimo, di dotazione di body cam per riprendere le operazioni di servizio della Polizia penitenziaria, la quale in massima parte non ha nulla da nascondere”.

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