rotate-mobile
Cronaca Centro Storico / Piazza del Duomo

Il Papa a Firenze: "No alla Chiesa ossessionata di potere"

Francesco chiede, ancora una volta, una Chiesa povera e al fianco dei più deboli: "Preferisco una Chiesa ferita e sporca per essere uscita nelle strade piuttosto che aggrappata alle comodità"

Dopo aver visitato Prato, Papa Francesco alle 9:45 circa è arrivato al Duomo di Firenze. E' una storica giornata per la Toscana. Qui il racconto tappa per tappa:

Ore 15:30 - Francesco sta adesso celebrando all'Artemio Franchi la Santa Messa, di fronte a quasi 50mila persone (LE FOTO), accorse allo stadio con ore di anticipo in attesa del Santo Padre. Prima di arrivare allo stadio il Papa ha visitato la mensa della Caritas, dove ha pranzato al fianco di circa 60 bisognosi.

Il PRANZO DEL PAPA

Ore 12 - L'ABBRACCIO AI FEDELI. A bordo della "papamobile" Francesco ha raggiunto piazza Santissima Annunziata, dove è stato accolto dai fedeli in festa, accorsi fin dalle prime ore del mattino per riuscire a posizionarsi vicino al percorso scelto per il Pontefice. Il Papa ha salutato la folla e, dopo aver ammirato il vecchio ospedale degli Innocenti, citato nel discorso fatto precedentemente in Duomo, è entrato nella basilica per raccogliersi in preghiera, accanto ad un gruppo di malati. Tra questi, anche il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Giangrande, rimasto ferito gravemente di fronte a Palazzo Chigi il 28 aprile del 2013.

FRANCESCO SALTA SULLA PAPAMOBILE // VIDEO 

ORE 10 - Da piazza San Marco il Pontefice ha attraversato con la "papamobile" via Cavour poi via De' Martelli. I pellegrini che lo aspettavano in piazza Duomo tra il Battistero e la basilica di Santa Maria del Fiore hanno intonato urla di gioia. Dopo essere sceso dalla vettura è entrato nel Battistero per poi uscire dalla porta del Paradiso e recarsi a piedi all'interno del Duomo, dove ha pronunciato il suo discorso. 

IL DISCORSO DEL PAPA. "L’umanesimo cristiano è quello dei 'sentimenti di Cristo Gesù'. Quali sono questi sentimenti? Il primo sentimento è l’umiltà. L’ossessione di preservare la propria gloria, la propria “dignità”, la propria influenza non deve far parte dei nostri sentimenti. Dobbiamo perseguire la gloria di Dio, e questa non coincide con la nostra. Un altro sentimento di Gesù che dà forma all’umanesimo cristiano è il disinteresse. 'Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri', chiede san Paolo. Dunque, più che il disinteresse, dobbiamo cercare la felicità di chi ci sta accanto. L’umanità del cristiano è sempre in uscita. Non è narcisistica, autoreferenziale. Quando il nostro cuore è ricco ed è tanto soddisfatto di se stesso, allora non ha più posto per Dio. Evitiamo, per favore, di 'rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli'. Il nostro dovere è lavorare per rendere questo mondo un posto migliore e lottare.

Papa Francesco a Firenze credits by Alessandro Busi & Sofia Brogi

Un ulteriore sentimento di Cristo Gesù è quello della beatitudine. Il cristiano è un beato, ha in sé la gioia del Vangelo. Nelle beatitudini il Signore ci indica il cammino. Percorrendolo noi esseri umani possiamo arrivare alla felicità più autenticamente umana e divina. Gesù parla della felicità che sperimentiamo solo quando siamo poveri nello spirito. Per i grandi santi la beatitudine ha a che fare con umiliazione e povertà. Umiltà, disinteresse, beatitudine: questi i tre tratti che voglio oggi presentare alla vostra meditazione sull’umanesimo cristiano che nasce dall’umanità del Figlio di Dio. Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal potere, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa. I sentimenti di Gesù ci dicono che una Chiesa che pensa a se stessa e ai propri interessi sarebbe triste.

L’ho detto più volte e lo ripeto ancora oggi a voi: «preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti»

Però le tentazioni da affrontare sono tante. Ve ne presento almeno due. La prima di esse è quella pelagiana. Essa spinge la Chiesa a non essere umile, disinteressata e beata. E lo fa con l’apparenza di un bene. La Chiesa italiana assuma sempre lo spirito dei suoi grandi esploratori, che sulle navi sono stati appassionati della navigazione in mare aperto e non spaventati dalle frontiere e delle tempeste. Sia una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa. E, incontrando la gente lungo le sue strade, assuma il proposito di san Paolo: 'Mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno'.

Papa Francesco nel Duomo di Firenze

FRANCESCO CITA DON CAMILLO E PEPPONE - Una seconda tentazione da sconfiggere è quella dello gnosticismo. Essa porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il quale però perde la tenerezza della carne del fratello. La Chiesa italiana ha grandi santi il cui esempio possono aiutarla a vivere la fede con umiltà, disinteresse e letizia, da Francesco d’Assisi a Filippo Neri. Ma pensiamo anche alla semplicità di personaggi inventati come don Camillo che fa coppia con Peppone. Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente. Di sé don Camillo diceva: «Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro». Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte.

A tutta la Chiesa italiana raccomando ciò che ho indicato in quella Esortazione: l’inclusione sociale dei poveri, che hanno un posto privilegiato nel popolo di Dio, e la capacità di incontro e di dialogo per favorire l’amicizia sociale nel vostro Paese, cercando il bene comune. I poveri conoscono bene i sentimenti di Cristo Gesù perché per esperienza conoscono il Cristo sofferente.

SPEDALE DEGLI INNOCENTI E LA MEDAGLIA SPEZZATA - Che Dio protegga la Chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d’immagine, di denaro. La povertà evangelica è creativa, accoglie, sostiene ed è ricca di speranza. Siamo qui a Firenze, città della bellezza. Quanta bellezza in questa città è stata messa a servizio della carità! Penso allo Spedale degli Innocenti, ad esempio. Una delle prime architetture rinascimentali è stata creata per il servizio di bambini abbandonati e madri disperate. Spesso queste mamme lasciavano, insieme ai neonati, delle medaglie spezzate a metà, con le quali speravano, presentando l’altra metà, di poter riconoscere i propri figli in tempi migliori. Ecco, dobbiamo immaginare che i nostri poveri abbiano una medaglia spezzata. Noi abbiamo l’altra metà. La Chiesa madre ha in Italia l’altra metà della medaglia di tutti e riconosce tutti i suoi figli abbandonati, oppressi, affaticati. Il Signore ha versato il suo sangue non per alcuni, né per pochi né per molti, ma per tutti. Vi raccomando anche, in maniera speciale, la capacità di dialogo e di incontro. Ricordatevi inoltre che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di fare progetti: non da soli, tra cattolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà.

Ma la Chiesa sappia anche dare una risposta chiara davanti alle minacce che emergono all’interno del dibattito pubblico: è questa una delle forme del contributo specifico dei credenti alla costruzione della società comune. I credenti sono cittadini. E lo dico qui a Firenze, dove arte, fede e cittadinanza si sono sempre composte in un equilibrio dinamico tra denuncia e proposta. La nazione non è un museo, ma è un’opera collettiva in permanente costruzione in cui sono da mettere in comune proprio le cose che differenziano, incluse le appartenenze politiche o religiose. Faccio appello soprattutto «a voi, giovani, perché siete forti», come scriveva l’Apostolo Giovanni. Superate l’apatia. Che nessuno disprezzi la vostra giovinezza, ma imparate ad essere modelli nel parlare e nell’agire. Vi chiedo di essere costruttori dell’Italia, di mettervi al lavoro per una Italia migliore. Non guardate dal balcone la vita, ma impegnatevi, immergetevi nell’ampio dialogo sociale e politico. Le mani della vostra fede si alzino verso il cielo, ma lo facciano mentre edificano una città costruita su rapporti in cui l’amore di Dio è il fondamento. E così sarete liberi di accettare le sfide dell’oggi, di vivere i cambiamenti e le trasformazioni.

Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli: il Signore è attivo e all’opera nel mondo. Voi, dunque, uscite per le strade e andate ai crocicchi: tutti quelli che troverete, chiamateli, nessuno escluso. Soprattutto accompagnate chi è rimasto al bordo della strada, «zoppi, storpi, ciechi, sordi». Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo.

LA VISITA A PRATO

Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti. Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà. L’umanesimo cristiano che siete chiamati a vivere afferma radicalmente la dignità di ogni persona come Figlio di Dio, stabilisce tra ogni essere umano una fondamentale fraternità, insegna a comprendere il lavoro, ad abitare il creato come casa comune, fornisce ragioni per l’allegria e l’umorismo, anche nel mezzo di una vita molto dura.

Papa Francesco a Prato

Sebbene non tocchi a me dire come realizzare oggi questo sogno, permettetemi solo di lasciarvi un’indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni. Sono sicuro della vostra capacità di mettervi in movimento creativo per concretizzare questo studio. Ne sono sicuro perché siete una Chiesa adulta, antichissima nella fede, solida nelle radici e ampia nei frutti. Perciò siate creativi nell’esprimere quel genio che i vostri grandi, da Dante a Michelangelo, hanno espresso in maniera ineguagliabile. Credete al genio del cristianesimo italiano, che non è patrimonio né di singoli né di una élite, ma della comunità, del popolo di questo straordinario Paese".

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Il Papa a Firenze: "No alla Chiesa ossessionata di potere"

FirenzeToday è in caricamento