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Fiorentina, Biraghi: "Avevo promesso ad Astori che saremmo andati in Europa"

Il terzino viola si è raccontato in una lunga intervista toccando vari temi, dalla stagione appena conclusa al rapporto con i tifosi

Intervistato dalla pagina social "Cronache di Spogliatoio", Cristiano Biraghi ha toccato vari temi: dalla stagione appena conclusa con la qualificazione in Conference League al pensiero per Davide Astori. 

"Davide, te lo avevo promesso: andiamo in Europa. Quando eri rimasto alla Fiorentina, diventandone capitano, era un anno di transizione e stava cambiando tutto. Volevamo tornare in Europa, non ci siamo riusciti e tu te ne sei andato. Ci hai lasciato i tuoi ideali da portare avanti, nella quotidianità ancor prima che negli specifici momenti. Ci siamo riusciti e questa qualificazione è anche per te. Ora che sono capitano, ho imparato che non serve sbraitare, che far capire le cose è ciò che è più importante. Cerco di replicare i tuoi insegnamenti, i giovani sbagliano ed è giusto che lo facciano, tocca a noi trasmettere i comportamenti corretti. Essere capitano? Sento la responsabilità di tutti, parto in primis dai miei atteggiamenti dentro e fuori dal campo. Sono responsabile di una squadra nei confronti di una città come Firenze, piazza calorosa e impegnativa. Ti dà affetto, ma chiede in cambio. Ci sono tante pressioni non facili da gestire, ma è stimolante. La qualificazione alla Conference, con un bel calcio insieme a Italiano, è stata una grande soddisfazione. Mi sono sentito partecipe di una cosa stimolante, uno dei miei momenti migliori insieme alla Champions League e all’esordio in Nazionale".

Il giocatore viola ha anche parlato della vittoria dello scudetto del suo ex allenatore Pioli e del suo rapporto con gli hater:

"Devo inviare un messaggio al mister per fargli i complimenti per la vittoria dello Scudetto. Sono molto contento per lui, se lo merita. Quando è arrivato, il Milan stava toccando il fondo, non era semplice subentrare. È stato uno dei lavori più difficili per un allenatore. È la gratificazione più grande da quando allena. Se lo merita perché è un bravo tecnico, ma anche una persona che se ne trovano poche in questo mondo. Sono felice per lui e il suo staff. Stefano è una persona molto genuina, che non differenzia tra i singoli giocatori o quello che fai in campo. Non fa tanti calcoli su come comportarsi, è buono nel senso più vero del termine. Con lui ho un rapporto pulito. Haters? Non ho mai sentito un senso di rivalsa verso le critiche. Ho sempre lavorato senza ascoltare quello che si dice di me. Certo, se ti vogliono bene, è meglio del contrario. Ho dato tutto per le maglie che ho indossato. A Firenze c’è un legame più forte, questo è chiaro, perché oltre alla componente sportiva, c’è anche la scomparsa di Davide a legarci indissolubilmente. Ho ricevuto insulti per il fantacalcio, o per le mie prestazioni, ma me ne frego. Sui social tutti possono dire la loro. Quando c’è troppa libertà, si va sempre oltre. Dietro a uno schermo siamo tutti bravi. Non è un mondo che mi piace, quello. Ho visto anche quanto successo a Lollo Venuti: offese senza senso. Bisogna partire ancora prima che dai social, dalle persone, e recuperarle a livello mentale, perché se arrivi a dire certe cose, devi correggerti all’interno, non sei pronto per interagire con le persone".

Infine il terzino sinistro si è soffermato a parlare del suo cavallo di battaglia, ovvero il calcio di punizione:

"La punizione è il mio grande amore. Il mio segreto è cercare di immagazzinare più informazioni possibili sul tipo di calcio. Studio l’erba dello stadio in cui gioco e cerco di ripetere il movimento corretto dell’allenamento. Alla fine di ogni seduta, chiedo a un portiere di fermarsi con me e inizio a tirare in modo funzionale. Oltre a migliorare il modo di calciare, testo il movimento per fermarlo nella mente e riuscire a replicarlo. Ogni punizione è diversa, è fondamentale sapere per ogni condizione come calciare e in quale modo. La rincorsa deve essere efficiente e razionale in base al calcio. Se voglio un tiro forte, vado con una frustata, e quindi mi serve più rincorsa. Se cerco un tiro morbido, invece, ho bisogno di un passetto. Fortunatamente, con una rincorsa mediamente corta riesco a imprimere una buona potenza al pallone. Al Franchi, giocandoci spesso, conosco ogni centimetro del terreno di gioco. Il manto erboso è tra i più belli d’Italia. Altrove, dove l’erba è più alta, è differente. Devi prenderla da più sotto, altrimenti non si alza. Sono accorgimenti che fanno parte del calcio e non possono essere una scusante, devi studiare, provare e sbagliare, fino a quando non trovi la formula giusta. Io mi sono sempre ispirato a Mihajlović, uno stile di calcio simile al mio: non morbido, ma una palla veloce di mezzo collo. Lui è un must di questo gesto tecnico, avvicinarsi è difficile se non impossibile, ma cerco di rubargli qualcosa".

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