Modi di dire: perché si dice "San Giovanni non vuole inganni"
Il detto trae origine dagli anni del Medioevo
A Firenze i legami con San Giovanni sono molteplici. Oltre ad essere il santo patrono della città, che viene festeggiato il 24 giugno con varie celebrazioni tra cui la finale del Calcio Storico Fiorentino e i tradizionali "fochi", San Giovanni è protagonista di un tipico detto popolare, nato proprio a Firenze. Chi è fiorentino infatti avrà sentito o pronunciato almeno una volta "San Giovanni non vuole inganni", scherzando magari con un amico che aveva barato ad un gioco da tavolo o nella classica partitella di calcetto del giovedì sera. Ma da cosa nasce questo modo di dire?
Per scoprirlo bisogna tornare indietro di "qualche" anno, precisamente ai tempi del Medioevo. Nella Firenze medievale la moneta in uso era il fiorino d’oro, così chiamato perché da un lato portava impresso il giglio di Firenze, mentre dall’alto era stampata l’immagine di San Giovanni Battista, già allora patrono della città.
Il simbolo del santo era posto a garanzia del peso e dell’autenticità dell’oro. Quindi, l’espressione “San Giovanni non vuole inganni”, voleva significare che l’apposizione dell’immagine era garanzia di autenticità (la lega metallica di cui era composta la moneta, doveva contenere esattamente 3,54 grammi d’oro.) ed avvertiva che qualunque falsificazione della moneta era un grave atto immorale oltre che un reato.
Non a caso, durante le attività di cambio (che consisteva nel battere le monete sopra un tavolo di marmo per poterne sentire il suono e valutarne così l’effettivo valore) il fiorino era l'unica moneta che non veniva mai battuta, perché ritenuta solida ed affidabile. Nei secoli quest’espressione si è estesa nei suoi significati, fino ad indicare e denunciare qualsiasi inganno, torto e ingiustizia.