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social Isolotto / Viadotto del Ponte all'Indiano

Ponte all'Indiano, perché si chiama così?

Storia e origini di uno dei ponti più innovativi del XX secolo

Chiunque abiti a Firenze, sarà rimasto almeno una volta imbottigliato nel traffico del Ponte all'Indiano. Ma perché questo ponte ha un nome così particolare? Per capirlo è bene conoscerne la storia, fin dalla sua progettazione.

La realizzazione

Il ponte fu realizzato tra il 1972 e il 1978 ed inaugurato il 10 marzo di quell'anno dalla società Costruzioni Metalliche Finsider di Guasticce su progetto degli architetti Adriano Montemagni, Paolo Sica, e dell'ingegner Fabrizio de Miranda. Il progetto che aveva vinto il concorso nazionale di progettazione indetto dal Comune di Firenze nel 1968 attirò subito l'attenzione, anche perché prevedeva una sottostante passerella pedonale pensile non richiesta dal bando di concorso.

Per le caratteristiche strutturali dell'opera, Fabrizio de Miranda ha ricevuto ad Helsinki nel 1978 il premio europeo ECCS-CECM (Convenzione europea della costruzione metallica). Infatti è il primo ponte strallato di grande luce ancorato a terra realizzato nel mondo ed è uno tra i più grandi ponti strallati in Italia del XX secolo.

Per accedere al ponte all'Indiano è stato realizzato un viadotto di accesso (e di raccordo con la viabilità esistente a nord ed a sud dell'Arno), della lunghezza complessiva di circa 3 km. Negli anni novanta il tratto a sud è stato prolungato verso il ponte a Greve e poi collegato con la superstrada Firenze-Pisa-Livorno, portando la lunghezza complessiva dell'intera infrastruttura viaria ad oltre 4 km.

L'origine del nome

Nel 1870 il principe indiano Rajaram Chuttraputti di Kolhapur (fu la capitale di uno stato principesco indiano) visitò Firenze al ritorno da un viaggio a Londra, dove si era recato per studio e per conoscere la regina d’Inghilterra. Passando da Firenze soggiornò al Grand Hotel di Piazza Ognissanti, ma lì fu colpito da un malore improvviso nella camera dell’albergo e a soli 21 anni morì.

Per rispettare le tradizioni della sua religione, l’induismo, venne cremato alla confluenza di due fiumi - l’Arno e il Mugnone - dove poi le sue ceneri furono sparse. Il singolare evento suscitò la curiosità di tanti fiorentini e da allora quel luogo fu chiamato “l’Indiano”.

Il 7 giugno 1874 venne inaugurato un piccolo monumento a pagoda con al centro il busto policromo del giovane prematuramente deceduto, la costruzione è posizionata nella parte estrema del parco delle Cascine, proprio dove confluiscono i due fiumi. La struttura fu realizzata su progetto di Charles Mant e poi realizzata dallo scultore inglese Carlo Francesco Fuller.

All’epoca sia il rito funebre che il monumento, crearono vivace discussione tra i fiorentini.
Il funerale indù era qualcosa di mai visto prima ed attirò numerosi curiosi dalla città. Lo stesso busto del principe nel mausoleo rappresentava qualcosa di esotico e sconosciuto: capelli neri, turbante rosso e pelle scura.

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