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Drusilla Foer incanta Sanremo con il monologo sulla diversità: "Le convinzioni non siano convenzioni"

Il Drusilla show è durato circa 20 minuti, ma sarebbe potuto continuare un'altra mezz'ora

A Drusilla Foer il compito di chiudere la terza serata del Festival di Sanremo. Un scelta particolare visto l'orario in cui la dama fiorentina è riuscita a parlare (1:30 circa) e il suo non è stato un semplice discorso, ma un inno alla vita, all'unione, alla condivisione e all'accettazione di sé e degli altri. Un messaggio potente relegato nell'ultima parte di uno show iniziato alle 20:50, che ha visto salire sul palco per ben due volte Cesare Cremonini - che ha fatto emozionare e ballare (sulle note di 50 special) tutta l'Italia - ma che non è riuscito a trovare un momento migliore per l'eleganzissima signora.

La gaffe di Iva Zanicchi con Drusilla Foer spiegata bene

Il discorso di Drusilla Foer a Sanremo 2022

"Ora che sono qui non so che fare, canto? Parlo?", alla fine Foer ha fatto entrambe le cose e le ha fatte alla perfezione. "Io trovo che le parole siano come gli amanti e che vadano cambiati quando non ci soddisfano - ha esordito così Foer -. A me la parola diversità non piace e ho cercato una parola che potesse andare bene. Ne ho trovata una più convincente unicità, mi piace. È una parola che piace a me e piace a tutti". 

"Tutti noi pensiamo di notare l'unicità e pensiamo di esser unici ma no, non è così perché per capire l'unicità è necessario capire di cosa siamo fatti noi: le cose belle, i valori, le ambizioni, i talenti, ma i talenti vanno allenati, vanno seguiti, delle convinzioni bisogna avere la responsabilità, delle proprie forze, bisogna avere cura... non è facilissimo eh! E queste sono le cose che sulla carta sono fighe. E le paure, i dolori e le fragilità, che vanno accudite, bisogna prendersene cura, non è facile. Non è facile entrare in contatto con la propria unicità! Come si fa a tenere insieme tutte queste cose che ci compongono? Si prendono per mano tutte le cose che ci abitano, quelle belle e brutte, e si portano in alto, si sollevano insieme nella purezza dell'aria e nella liberà del vento e gridiamo Che bellezza e gridiamo Tutte queste cose sono io, sarà una figata pazzesca, sarà una figata pazzesca e sarà bellissimo abbracciare la propria unicità e a quel punto credo che sarà anche più probabile aprirsi all'unicità dell'altro".

Ed ecco che Foer fa una richiesta a chi la ascolta, una richiesta semplice, ma complessa: "Io sono già una  persona molto fortunata a essere qui, ma vi chiedo un piacere: date un senso alla mia presenza su questo palco, fate un atto rivoluzionario che è l'ascolto di se stessi, dell'altro, delle proprie unicità doniamoci agli altri, accogliamo il dubbio anche solo epr esser certi che le nostre convinzioni non siano solo convenzioni. Vi prego, facciamo scorrere i pensieri in libertà senza pregiudizi, come anche i sentimenti e liberiamoci dalla prigionia dell'immobilità".

Foer ha poi iniziato a cantare: "Immaginatevi se il mondo non roteasse, se tutto il buio fosse nero pesto..."

Qui sotto la canzone.

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