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La nascita del detto "San Giovanni ‘un vole inganni" e il palio che non si corre più

Alla scoperta delle tradizioni fiorentine

Il patrono cittadino a Firenze si festeggia il 24 giugno, il giorno di San Giovanni. Per la città da sempre questo giorno di fine giugno ha un'importanza particolare: nel pomeriggio viene giocata la finalissima del Calcio Storico fiorentino mentre la sera appuntamento sul Lungarno per i Fochi di San Giovanni. Al 24 giugno è collegato un celebre detto ovvero "San Giovanni ‘un vole inganni", ma come nasce questo modo di dire?

Per rispondere alla domanda dobbiamo risalire ai tempi delle corporazioni, quando l’arte del cambio faceva parte delle sette arti maggiori di Firenze. I mercanti del cambio svolgevano sostanzialmente due attività: il presto e lo scambio. Nel primo caso concedevano prestiti in denaro che dovevano essere restituite in un tempo ben preciso, con l’aggiunta di interessi precedentemente concordati. La famiglia degli Strozzi divenne tristemente famosa per via degli altissimi interessi che imponeva ai suoi creditori: pare addirittura che, proprio dalla cupidigia di questa casata, ebbe origine il termine “strozzino”, ancora oggi utilizzato come sinonimo di usuraio.

Il cambio, invece, consisteva proprio nel cambiare le monete importate con quella fiorentina, vale a dire il fiorino. Per compiere correttamente questa operazione i mercanti erano soliti battere queste monete sopra un tavolo di marmo per poterne sentire il suono e valutarne così l’effettivo valore. Non è un caso che questo tavolo prendesse proprio il nome di “banco”, da cui poi è derivata la parola “banca”, successivamente adottata in tantissime altre lingue (si pensi al termine “banque” in francese o “bank” in inglese, giusto per citarne alcune).

L’unica moneta che non veniva mai battuta sul banco era proprio il fiorino, in quanto ritenuta così solida e affidabile da non necessitare di alcun tipo di conferma. Su queste antiche monete era raffigurato da un lato il giglio, dall’altro il patrono cittadino, San Giovanni. Per questo il Santo Patrono, ormai da secoli, non accetta inganni. 

I due palii nel giorno 23 e 24 giugno

Proprio nel giorno del Patrono, ma anche il giorno prima, a Firenze venivano corsi ben due palii. Il primo, e probabilmente più famoso, è quello dei Cocchi che veniva corso il 23 giugno. Per emulare le corse con le bighe dell'antica Roma, Cosimo I de' Medici decise di istituire questo palio di carri e cavalli a partire dal 1563. I quartieri storici della città erano rappresentati da un carro, detto cocchio, che aveva un suo specifico colore, gli stessi del calcio storico fiorentino: rosso per Santa Maria Novella, verde per San Giovanni, bianco per Santo Spirito e azzurro per Santa Croce. La corsa si svolgeva in Santa Maria Novella, dove i cocchi trainati dai cavalli dovevano compiere 3 giri completi della piazza nel minor tempo possibile, girando intorno a due obelischi in legno, poi sostituiti con quelli in marmo, e tornare al punto di partenza. 

Nel giorno di San Giovanni invece si correva il Palio Dei Barberi ed era un palio senza fantini. Il nome è dovuto alla razza di cavalli impiegata, i “berberi”, poi mutato dai fiorentini in “barberi”. Anche Dante, attraverso le parole del personaggio di Cacciaguida, ricorda questa tradizione nel XXVI canto del Paradiso: «Li antichi miei e io nacqui nel loco/ dove si truova pria l'ultimo sesto/ da quel che corre il nostro annual gioco».  La corsa iniziava da via Ponte alle Mosse, dove appunto il palio partiva, ovvero “prendeva le mosse”, passando poi da Porta al Prato dove si trovava il palco del granduca, proseguendo lungo le vie del centro, con arrivo all'arco di San Pierino e tagliando il traguardo presso porta alla Croce. Il palio dei Barberi venne corso fino al 1858, tradizione interrotta e mai più recuperata in seguito ai lavori urbani della Firenze Capitale.

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