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Anconella Garden, riapre lo spazio estivo

Musica, arte e cibo sfizioso nel parco di Firenze Sud

Musica live, mostre d’arte da godere in mezzo alla natura, cibo sfizioso per ritrovarsi finalmente con la famiglia e gli amici: riparte la stagione di Anconella Garden, spazio dell’Estate Fiorentina immerso nel polmone verde di Firenze Sud (accesso da via di Villamagna 39/d). Da giovedì 18 giugno fino al mese di settembre il parco torna a vivere, nel rispetto delle nuove normative anticontagio e con l’attenzione all’ambiente di sempre.

Nonostante le limitazioni imposte dal post-Covid, non mancheranno intrattenimento musicale, performance live e incursioni di teatro, poesia e pittura, a partire da domenica 21 giugno, data simbolica che contraddistingue l’inizio dell’estate e segna la ripartenza. Il solstizio sarà celebrato con una giornata dedicata a musica, arte e yoga all’aperto: dalle 10 alle 20 una mostra di quadri sarà allestita sulla nuova cancellata che corre lungo l’Arno, per essere fruita liberamente dai cittadini, mentre il parco si popolerà di perfomance live.

Il teatro all'Anconella

A curare la programmazione culturale il festival Diramazioni, che ha attivato una serie di prolifiche collaborazioni con le associazioni attive nel quartiere. Un cartellone in grado di crescere nel corso dei mesi, proprio grazie a queste sinergie, nel rispetto dei residenti e dell’ambiente del parco.

Nato nel 2000 come festival itinerante, pensato per gli spazi pubblici fiorentini da artisti, studenti e associazioni riunite, dal 2008 Diramazioni, a cura dell’associazione culturale Cambiamusica! Firenze, ha trovato una casa base nel Parco dell’Anconella, grazie alla collaborazione con l’Estate Fiorentina.

“Abbiamo deciso di ripartire nonostante le difficoltà, che ci hanno costretto a rivedere completamente la programmazione – dichiara Luca Domenico Longo, presidente di Cambiamusica! Firenze – per dare un segnale di fiducia ai professionisti della cultura, alle associazioni e ai cittadini stessi. Dopo mesi di lockdown abbiamo tutti bisogno di tornare uscire e riprenderci la natura e gli spazi di socialità, nel rispetto di tutte le misure di prevenzione del contagio”.

Ogni giorno, dalle 16 fino a tarda serata, sarà inoltre possibile fare una sosta all’Anconella Garden per gustare una merenda, un aperitivo, una cena o un drink in mezzo al verde. Tante le novità sul menu: dal Karaage (gustoso streetfood giapponese a base di pollo), al panin cu u’ purp (panino con polpo fritto, ricotta, cicorino tostato, miele di fichi), fino ai tacos alla messicana. Restano i best seller delle passate stagioni, a partire da pizza, calzoni, covaccini e alternative veg per tutte le tasche. Prevista anche una proposta di finger food in monoporzione, a base di verdure di stagione da gustare in chiave aperitivo, a partire dalle 19.

Il menù

Menu Anconella Garden-2

Il programma di agosto

Giovedì 30 luglio, ore 19.30
Nemoria e Federico Biagiotti
“Nemoria collettivo per l’arte del suono” Il progetto musicale nato al Parco dell’Anconella
da un ampio gruppo di artisti fiorentini.
Federico Biagiotti (composizioni originali dell’album in uscita).

Venerdì 31 luglio - sabato 1 - domenica 2, ore 19.30
Boomker Park rassegna di gruppi inediti fiorentini.

Mercoledì 5 agosto, ore 21.00

Con “Rompi il palco Costanza Mascilli si propone di eliminare i centimetri del palco che separano l’attore dallo spettatore, rendendolo parte integrante di una performance nella quale la condivisione e la potenza del gruppo permette l’espressione individuale. Non sarà un laboratorio organizzato né preparato. Sarà un esperimento incentrato sulla persona, senza aspettative o pretese.

“Rompi il palco” di Costanza Mascilli Migliorini

Martedì 11 agosto, ore 21.00
“Firenze 48-68, la città delle storie piccole”
di Daniele Locchi

Programma
"È morto Stalin"
con Barbara Paoletti "L'Annina, i'Rodari e i'Cardinali" con Claudia Piccini "Qu'i'gobbaccio d'i'Sandrini" con Franco Lusini "La camicia fuori a fiori" monologo

Una città ha mille storie nascoste tra le sue strade strette. Alcune non verranno mai alla luce. Rimarranno tra un lampione fioco acceso e una vetrina spenta. È la storia delle piccole storie. Restano sotto la pelle. Altre invece prendono il volo sulle ali del sussurro, della risata, dello scherzo. E arrivano alle orecchie di chi le sa ascoltare. 48-68 è un racconto che si dipana in tre scenette di storielline vere da paese. Come era Firenze nell'immediato dopoguerra. Prima di un 68 che avrebbe cambiato la vita di tutti. Anche del protagonista della quarta storia, che lui stesso racconta tra sè e chi sa ascoltare. E sorridere. Daniele Locchi interpreta assieme ad altri attori alcune scenette tratte dallo spettacolo “Firenze secondo Novecento” (la nuova produzione del Teatro del Legame con la regia di Daniele Lamuraglia), del quale ha scritto il testo ispirato a storie vere accadute per le stradine di Firenze dal dopoguerra agli anni '60. Completa il set un monologo anche questo ispirato ad una storia vera, accaduta nelle immediate vicinanze e lontananze del '68.

Mercoledì 12 agosto, ore 21.00
"Raqs el Hob" La danza dell'amore)
a cura di Sara Marconcini
Spettacolo di danza, parole e musica ispirato alla tradizione mediorientale.

Martedì 18 agosto, ore 21.00
“Quindi.. lo sapevi!”
a cura di Bartolomeo Bartolini

“Quindi.. lo sapevi!” e' una collezione di storie e sketch scritti, diretti e recitati da Bartolomeo Bartolini, recentemente laureato all'università East15 in Teatro Fisico. Lo spettacolo nacque con PERDONO, una storia raccontata in 15 minuti, che affronta il tema del cambiamento climatico, investigando le ragioni alla base della mancanza di azione da parte dei governi di tutto il mondo fino ad esplorare i sensi di colpa che tutti noi abbiamo. Lo spettacolo è un mix di monologhi, danza/movimento, musica, mimo che ha successivamente ispirato altre storie nello stesso stile. “QUINDI... LO SAPEVI!” non solo apre una finestra sul cambiamento climatico e tocca argomenti come la crisi dei rifugiati, il razzismo e l'omofobia, ma mostra ironicamente pure i piccoli e grandi problemi che ci troviamo a dover risolvere ogni giorno. Lo spettacolo è una riflessione sulla condizione umana, diretta a porre domande su noi stessi, sull'ambiente in cui viviamo e sulle persone che ci circondano, magari istigando un cambiamento. Uno spettacolo inspirato al teatro epico Brechtiano e al teatro dell'assurdo di Beckett nella forma, con lo stile giocherellone e bambinesco di Jacques Lecoq e l'audace teatro povero di Grotowsky.

Mercoledì 19 agosto, ore 21.00
“Le donne di Chernobyl”
a cura di And Or, margini creativi

Aprile 1986. Una vita fa. Eppure, in questo senso, c’è da dire che il Novecento è stato davvero secolo breve, perché, per chi era in condizioni di (semi)coscienza, Černobyl’ è un nome tutt’altro che ignoto. Forse, non tutta la dinamica dell’incidente alla centrale nucleare è chiara per tutti, anche coloro che c’erano, fisicamente o meno. Di sicuro, sono stati tristissima realtà i numerosi disguidi, le notizie maldestramente calibrate dalle autorità, l’incertezza e il terrore tra gli abitanti della zona, così come la tragica sorte dei molti che prestarono soccorso tra liquidatori, evacuati e residenti di varia natura. Il tempo, del resto, era ancora quello della Guerra fredda, e la contrapposizione tra blocchi più volte ha causato irrigidimenti (ne potremmo contare molti da un lato e dall’altro) con tragiche ripercussioni, come sempre, sui semplici cittadini, quelli che non scelgono mai, davvero, dove stare, nascere o vivere. Le donne di Chernobyl è, così, un racconto teatrale assai peculiare: sfuggente e visionario come han da essere i racconti teatrali, ricco di suggestioni, momenti sospesi, tradotti in scena da un cast di sole fanciulle, tutte attrici non professioniste. Il tutto è avviluppato alla memoria, fisica ed emotiva, di Iryna Baturka (cui si sommano, come fonti, i genitori Piotr e Galia, entrambi citati in locandina): interprete adesiva, talvolta persino in quell’eccesso comprensibile che si può immaginare quando ci si relaziona a una storia propria, faticando a dimidiare, a concentrarsi sulla forma. I momenti più felici della ragazza sono quelli coreutici, quando è il corpo a parlare. La circonda un bel coro, multiforme, persino ironico, formato da Lucia Marchese, Serena Davini, Caterina Pieraccini, Sara Vitolo e Francesca Colombini: anche nel loro caso diremmo che l’elemento più forte è costituito dal lavoro corporeo (la regia è di Kety Di Basilio, responsabile dell’allestimento nel suo complesso, e di Sergio Giannini) dall’efficacia di immagini stagliate nel nero del fondale, in un gioco plastico che trascende e supera la mera dimensione narrativa. Allo stesso modo, interessante (e forse ulteriormente sviluppabile) è la parte musicale, composta dall’intarsio di voci dell’inizio, dai momenti ritmici della parte centrale e dalla struggente nenia cantata in coro su cui si scioglie un finale certo non spiazzante, ma comunque assestato.

Venerdì 21 agosto, ore 21.00
“Uomini e corpi, la tragedia de La Mèduse”
a cura di Emiliano Vizzi

La tragedia della “Méduse”: perché 200 anni dopo è ancora attuale. Quello della fregata francese Méduse fu un doppio naufragio: materiale e morale. Tremendo, tragico, disumano e straziante dal punto di vista pratico e dal punto di vista etico. Dopo l’arenamento sul banco d’Arguin si calarono le scialuppe, si allestì in fretta una zattera, fatta con pezzi strappati alla rinfusa dal ventre della fregata, assemblati a caso da gente che non poteva immaginare sorte peggiore di finire su quella gigantesca trappola. Nemmeno Dante Alighieri sarebbe riuscito a descrivere un girone infernale tanto atroce. Sulla zattera vennero scaricati, senza pietà, 129 fra soldati e ufficiali di terra e 29 fra marinai e passeggeri, compresa una donna, destinata ad una fine straziante. In tutto 158 individui con l’acqua alle ginocchia e poi fino alla cintola. Gli alti ufficiali, i comandanti della spedizione e il neogovernatore del Senegal, si affrettarono ad assicurarsi un posto sulle scialuppe migliori. Uno di questi ufficiali, innominato nei diari dei sopravvissuti, dopo aver promesso ai naufraghi di assumere il comando della zattera e di condividere con loro tutte le traversie della deriva, scomparve per riapparire magicamente sulla scialuppa meno affollata. “Come è possibile - si domandarono i superstiti - che un ufficiale della marina francese abbia potuto essere così pieno di malafede verso quelle persone che riponevano in lui tutta la loro fiducia?” “Come è possibile che il governatore, i comandanti, e tutti gli ufficiali, siano stati i primi ad accaparrarsi un posto al sicuro, lasciando tutti gli altri al loro destino?” Non è forse tutto questo ancor tragicamente uguale a quello che successe con la Concordia non più di otto anni fa? Non è lo stesso atteggiamento che ebbero il comandante Francesco Schettino e tutto il suo entourage verso quelle persone che lasciarono affogare? Non è quello che facciamo, o permettiamo di fare, a esseri umani che fuggono disperati? Ne discutiamo a livello nazionale come se ci fosse davvero scelta. Uomini, donne, bambini si incastrano l’un l’altro su 1.000 zattere senza futuro, come quella della Méduse. Come può un uomo, deliberatamente, lasciare affogare un altro uomo?

25 agosto ore 21.00
“Cronache di Firenze”
a cura di Crazy Forks

Lo spettacolo, una drammaturgia originale di Fiammetta Perugi e Leonardo Lenzini, mette in scena tre leggende fiorentine riguardanti tre luoghi diversi della città. Attingendo dalla storia abbiamo drammatizzato in chiave comica queste tre storie, creando tre episodi brevi che raccontano come secondo noi queste leggende hanno preso vita. Ogni scena è intervallata da un momento musicale che attinge dalla grande tradizionale popolare di canzoni e stornelli fiorentini. Il nostro obbiettivo è quello di raccontare queste storie tramandate da generazioni nella nostra città, facendo divertire il pubblico e lavorando su più quartieri di Firenze, ci siamo infatti posti l’obbiettivo di farlo ogni sera in luogo diverso.

26 agosto ore 21.00
“Questo folle lockdown” a cura del collettivo I VENERDI’ DEL LEONE

“Questo folle lockdown” è una performance teatrale composta da una serie di monologhi che gli allievi del laboratorio dell’APS “i venerdì del leone” porteranno in scena, calandosi nei panni di persone affette da patologie psicologiche. Durante il periodo di lockdown, non possiamo ignorare che chi partiva da una situazione di difficoltà si sia trovato ad affrontare i propri mostri da solo, chiuso in quattro mura. “Voi pensate che io sia folle, ma vi assicuro che non c’è niente di più folle di lasciarmi a casa da sola tre mesi”. Oltre ad avvicinare le persone ad argomenti che sono considerati tabù, questo spettacolo si propone di sostenere chi si sente ed è relegato ai margini della società, cercando di comprendere le ragioni più profonde.

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