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Politica Barberino di Mugello

Crisi di governo: Nencini l'uomo che potrebbe salvare il governo Conte

Il detentore del simbolo del Psi ha permesso a Renzi di creare il gruppo di Italia Viva in Senato. Ma adesso ha cambiato idea

Il mugellano Riccardo Nencini è il legittimo detentore del glorioso e storico simbolo del Partito Socialista Italiano e potrebbe essere l'uomo decisivo in vista della conta di martedì in Senato che decreterà il proseguimento o la fine del Conte Bis. Perché per sua decisione Matteo Renzi potrebbe trovarsi da un momento all'altro senza gruppo a Palazzo Madama. O peggio: con lui potrebbero arrivare i sei voti che mancano all'esecutivo per ottenere la fiducia. 

L'uomo che potrebbe salvare il governo Conte

Con ordine. Il regolamento del parlamento, precisa Today.it, prevede che non si possano costituire nuovi gruppi se non ci si è presentati alle elezioni con quel nome e quel simbolo. La norma è stata introdotta per impedire la nascita di partiti virtuali di parlamentari peones provenienti da altri gruppi. Ed è stata aggirata nel settembre 2019 in occasione della nascita di Italia Viva: grazie al Garofano di Nencini è potuto nascere il gruppo di Italia Viva. Dopo l'addio di Iv alla maggioranza però Nencini si è molto arrabbiato con Renzi. E in una nota firmata con il segretario del Psi Maraio lo ha fatto sapere a tutti: "I socialisti voteranno la prossima settimana lo scostamento di bilancio per consentire nuovi ristori ad ampi settori dell'economia falcidiati dalla pandemia. Ma è inutile nascondersi: la crisi di governo c'è e va affrontata con decisione e senza mettere tempo in mezzo. Sono queste le ore dei costruttori". E l'ultima parola non è passata inosservata: i Costruttori è la parola scelta per designare i Responsabili che potrebbero salvare il governo Conte dalla caduta in Senato. Per questo i renziani si sono subito allarmati: "I responsabili alla fine sono usciti fuori... E puntano a trovarli anche tra i nostri - dice un esponente Iv parlando con l'Adnkronos -, vogliono spaccare il gruppo al Senato". Un esito non escluso. "A trovare i numeri per la conta, ci hanno messo il più bravo di tutti a farlo". Ovvero, Dario Franceschini.

Di qui lo scenario che turba i sonni di Italia Viva, già non tanto tranquilli: Nencini potrebbe disfare il gruppo renziano in Senato, ma soprattutto portarsi via alcuni (o tutti) dei voti necessari per mettere in sicurezza l'esecutivo. Secondo la Repubblica dal gruppo potrebbero uscire cinque senatori: Donatella Conzatti, Vincenzo Carbone, Eugenio Comincini, Leonardo Grimani e Gelsomina Vono. Ma alcuni di loro hanno già smentito l'intenzione. E lo stesso Nencininon sembra aver deciso nulla riguardo il gruppo: "Non lo so vediamo, forse". E allora chi altro potrebbe seguire Nencini? Gli occhi sono puntati su quei senatori che non sono tra gli storici 'fedelissimi' di Matteo Renzi ovvero Francesco Bonifazi, la stessa Teresa Bellanova che è senatrice, il capogruppo Davide Faraone che oggi ha resocontato il gruppo sulle riunioni di maggioranza e la capigruppo: "Oggi è una giornata complessa e densa di riunioni" smentisce Conzatti interpellata dall'Adnkronos, e aggiunge: "Confermo che Italia Viva è una comunità politica coesa e che rimaniamo disponibili ad un accordo di legislatura".
 

Nencini come Ulisse, il governo come Itaca

Intanto lui, che si definisce "l'ultimo dei craxiani", in passato anche assessore regionale in Toscana, abbonda con le similitudini in un'intervista a Repubblica: "Fatta eccezione per Obama e Tony Blair, credo che in queste ore mi abbiano chiamato tutti. Come mi sento? Come Ulisse sulla nave, tra tempeste e insidie, ma con coerenza socialista puntiamo dritti su Itaca". E aggiunge che non si può lasciare un paese nel caos: "È un’operazione che per me rientra nel credo riformista - tiene a premettere - Non è tempo per governi raffazzonati. Dico una cosa: l’Italia esce dalla fase dell’emergenza ed entra in quella della rinascita, ci sono il Ricovery e la campagna vaccinale da gestire. Chi lo fa? Fossimo in un Paese normale, con una destra alla Aznar, lo farebbe un governo di unità nazionale. Ma noi non siamo un Paese così". Allora bisognerà sacrificarsi. Qualcuno lo dovrà pur fare, questo sacrificio. No? Per questo, riferisce il Corriere, è stato chiaro anche con Renzi: "Guarda, io penso che tu abbia sbagliato a chiudere al premier, io penso che sia giusto andare al Conte-ter, ma dobbiamo andarci tutti, non accetterei una scissione del nostro gruppo". 

Intanto arriva il pronostico del senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri: "Se si va al voto martedì al Senato, ha 150-160 voti: si devono sommare 35 del Pd, 92 del M5s, 8 del gruppo delle Autonomie, del gruppo Misto voteranno 22. Se si aggiunge Nencini si arriva a 158, ma penso che un altro paio di Italia viva si dissoceranno, quindi Conte può avere circa 160 voti. I votanti non sono 321 perché Napolitano generalmente non vota, Piano e Rubbia non si vedono da mesi, un altro paio di assenti per la legge dei grandi numeri ci sono sempre, quindi penso voteranno 315-316. La maggioranza è 159, quindi Conte può avere 160 voti, si salverà ma poi si campa male". E allora non può che ritornare attuale il ritornello della Prima Repubblica: meglio tirare le cuoia o tirare a campare?

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