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Pievano Arlotto, il fiorentino che inventò gli scherzi da prete

L'espressione indica oggi uno scherzo di cattivo gusto, fatto da chi non ci si aspetta. In occasione del 1 aprile, vi raccontiamo l'origine di questo modo di dire, forse ricollegabile alla vita di un prete fiorentino, passato alla storia per le sue irriverenti burle

Arlotto Mainardi, meglio noto come Piovano o Pievano Arlotto, è stato un sacerdote fiorentino vissuto tra il 1300 e il 1400. Un prete assolutamente sui generis, ricordato oggi come allora per i suoi scherzi proverbiali.

Parroco della chiesa di San Cresci a Macioli nei pressi di Pratolino, Arlotto divenne famoso per le storie che raccontava, talmente sfrontate, maliziose e divertenti da essere raccolte da un anonimo nel famoso volume dal titolo "I motti e le facezie del Piovano Arlotto”. 

Un prete mattacchione

Fu l’arcivescovo Antonino Pierozzi a trasferirlo in quella chiesa di campagna, portato all’esasperazione dalle sue infinite burle e perso nel vano tentativo di redimerlo.

Burlone dai toni boccacceschi e assiduo frequentatore di osterie, Arlotto divenne ben presto una personalità di primo piano in tutta la Toscana, tanto che una delle sue leggendarie beffe venne persino immortalata in quadro del ‘600 ad opera del Volterrano che, insieme ad un suo ritratto scherzoso realizzato da Giovanni da San Giovanni, sono oggi custoditi nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti. 

Numerosi le astuzie e i tiri mancini che gli furono attribuiti. Come quella volta che, di ritorno dal Casentino, si fermò a causa della pioggia in un’osteria nei pressi della Consuma. Il locale era ovviamente pieno di persone, che avevano già occupato tutti i posti disponibili davanti al fuoco.

Il prete raccontò allora di aver perduto per terra poco lontano dall’osteria una bella somma di denaro. I commensali, un po’ per generosità ma soprattutto per avarizia, decisero di andare in cerca delle monete, mentre Pievano poté accomodarsi di fronte al camino scoppiettante.

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