L’alpinista fiorentino più anziano d’Israele che si salvò dai nazisti nei boschi della Toscana
Storia di Andrea Anati: "Braccato dalla Gestapo nei boschi, qualcuno aveva fatto la spia. Mi salvai come Robin Hood. Poi ho incontrato la montagna"
Il più anziano alpinista d’Israele è nato a Firenze, ha 88 anni e si chiama Andrea Anati. “Non ci crederete, ma di anno in anno divento sempre più vecchio” afferma.
Andrea Anati, racconta David Zebuloni sul magazine Bet, ha sempre la battuta pronta e non perde mai l’occasione di far ridere l’interlocutore.
La sua storia ha inizio proprio a Firenze, dove è nato e dove ha trascorso i primi anni felici della su vita. “Nel 1938 mi è nato un fratellino e, nello stesso giorno della sua nascita, ho notato che tutti i balconi della città erano stati decorati con delle bandiere”, racconta l’alpinista.
“Io le osservavo e mi dicevo: wow, tutta la città sa che ho avuto un fratellino e sta festeggiando insieme a me”. La realtà era ben diversa. Nello stesso giorno infatti, Hitler arriva a Firenze per incontrare Mussolini e firmare lo storico accordo Roma-Berlino.
“Quando i nazisti invasero l’Italia, io e la mia famiglia fummo costretti a fuggire nei boschi”. Anati ricorda ancora gli alberi verdi della Toscana diventati per lui un luogo di rifugio.
“Una notte sentimmo i cani della Gestapo abbaiare. Erano venuti a cercarci. Probabilmente qualche vicino aveva fatto la spia, aveva detto che una famiglia di ebrei si era nascosta nel bosco. Eravamo convinti che per noi fosse giunta la fine”. Ma la fine non arrivò.
“All’improvviso iniziò a piovere. Era una pioggia fortissima”, ricorda Anati a Bet. “Probabilmente l’olfatto dei cani venne alterato dall’odore della pioggia e persero così le nostre tracce”. Sentirono dunque la Gestapo allontanarsi e capirono di essere salvi. “Era un miracolo, un vero miracolo. Non c’è altra spiegazione.”
La montagna per superare il trauma bellico
L’approccio di Anati alla vita, lo aiutò a superare il trauma della guerra. “Da bambino mi sembrava di vivere un periodo fantastico”, ha dichiarato. “Eravamo dispersi nel bosco, rifugiati in una grotta, mi sentivo come Robin Hood. Raccoglievamo e mangiavamo i funghi. Eravamo tutti insieme, unti più che mai. Tutto sommato, mi sono divertito durante la Seconda Guerra Mondiale, ignaro di ciò che stava accadendo realmente.”
Settant’anni dopo, quando erano ormai cittadini israeliani a tutti gli effetti e l’Italia non era altro che un lontano ricordo, Andrea e i suoi fratelli decisero di intraprendere un viaggio in Toscana per ritrovare la grotta nella quale si erano rifugiati durante la guerra. Il viaggio venne immortalato in un film-documentario che prese il nome di “Shalom Italia. Tre fratelli e una grotta”, presentato a diversi Festival nel mondo e candidato in Israele al Premio Ofir come miglior docufilm del 2016.
“La prima volta che mi sono arrampicato su una montagna, avevo 44 anni”, racconta Anati. “Nel momento stesso in cui ho toccato la parete rocciosa ho capito che ogni uomo deve avere una passione nella propria vita, e la mia era quella”.
Da allora l’anziano alpinista non ha mai smesso di scalare. La sua passione l’ha portato in giro per il mondo, conducendolo in cima alle montagne più alte e pericolose della terra.
“Chi non si è mai arrampicato, non sa cosa sia la vera sensazione di libertà - sostiene adesso - Quando arrivi in cima alla montagna e guardi il mondo dall’alto, ti senti davvero libero.”