Nessun elenco di cose storte
Finalmente prende vita la nuova stagione per Atto Due presso T.R.A.M. Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino. Questo passato tempo sospeso non è stato invano. Ha aperto domande in molte direzioni, messo in dubbio necessità, interrogato certezze e desideri, delineato ipotesi di futuro possibile. Il fattore tempo ci ha fatto riscoprire a sua volta una modalità di lavoro da tempo trascurata e la distanza forzata dagli “altri” ci ha permesso di ridefinire il senso profondo della relazione artistica.
Un anno di assenza dal pubblico, che ci ha visti impegnati nella salvaguardia del lavoro di tutte le maestranze coinvolte nel processo artistico e creativo.
Una sospensione necessaria per ritrovare anche e soprattutto un modo di fare ricerca di cui da tempo sentivamo la mancanza. Un procedere a tappe di lavoro segnato da un costante confronto e verifica con amici artisti e allievi attori. Una modalità che arricchisce il lavoro e lo lascia sedimentare in attesa della sua naturale conclusione. Molti sono stati i momenti di incontro – tramite prove aperte e mise en espace – con un pubblico dedicato ma anche in aperture pubbliche, per giungere ad “una nuova stagione” che da oggi si apre nella programmazione del Teatro della Limonaia di Sesto Fiorentino.
Grazie al contributo di Fondazione CR Firenze abbiamo potuto studiare, fare ricerca, e sviluppare quei processi creativi che oggi ci permettono di mettere in scena questa nuova produzione che mette insieme due grandi personalità artistiche, Oscar De Summa e Sandra Garuglieri.
NESSUN ELENCO DI COSE STORTE
testo e regia Oscar De Summa
con Sandra Garuglieri
produzione Atto Due
con il contributo di Fondazione CR Firenze
Dopo una sciagura aerea, un terremoto, un incidente qualunque, vi è una grande attività intorno al luogo della disgrazia. I governi investono molte risorse per queste attività, perché non si può lasciare dei familiari di sciagure senza un corpo da piangere o diversamente detto non si può lasciare un corpo senza nome ovvero senza la ritualità che a quel nome, secondo il proprio vissuto, corrisponde. Assegnando quel nome noi assegniamo l’indirizzo ad un dolore, gli diamo una forma attraverso un rito, un modo di essere vissuto e rappresentato: la vita eterna, la pace dei sensi, la liberazione dalle rinascite. Questo non vuole essere il racconto della squadra di ricerca, né dei migranti dispersi, ma della nostra relazione con la morte attraverso un gioco, attraverso un giallo che si propone, in modo ludico, di scoprire chi ha ucciso la morte.