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Che Toscana sarebbe senza Nutella?

Accordo tra Ferrero e Confagricoltura Toscana per coltivare a nocciole 500 ettari di terreni. Ma Slow Food non ci sta: "Pericolo per l'ambiente"

Scoppia la polemica su 500 ettari di terreni tra Valdarno e Valdichiana da destinare alla coltivazione delle nocciole, su commissione della Ferrero. Per Confagricoltura Toscana è cosa buona, per Condotta Slow Food Valdarno no: il “progetto Nutella” promosso dall’associazione e dalla multinazionale piemontese, sostiene l'associazione guidata da Carlo Petrini, metterebbe infatti a rischio la biodiversità e l’ambiente locale nel suo complesso.

“Invitiamo le lobby interessate a desistere dalla volontà di proporre azioni che mettano in pericolo il nostro territorio e favoriscono solo i loro interessi, dichiarando la nostra ferma volontà di manifestare per contrastare le politiche che compromettano uno sviluppo corretto, bello e lungimirante”  – scrivono i membri di Slow Food Valdarno in una lettera aperta alle istituzioni.

Pronta la replica di Marco Neri, presidente di Confagricoltura Toscana: “Non c’è alcuna evidenza del fatto che l’impianto dei noccioleti nei termini previsti dal nostro accordo con Ferrero possa mettere a rischio l’ambiente – replica -. C’è evidenza del contrario, cioè del fatto che i nostri produttori avranno garantito l’acquisto di un’elevata percentuale di prodotto a un prezzo preventivamente concordato”.

Sul tema delle monoculture, tuttavia, proprio il fondatore di Slow Food Italia scriveva pochi mesi fa: “Le coltivazioni di un singolo prodotto portano con sé grandi quantità di prodotti fitosanitari che molte volte incidono, in maniera negativa, sulla salute degli stessi contadini coinvolti nella filiera. Più in generale, siamo in presenza di un processo che sta trasformando paesaggi storici caratterizzati da diverse colture e da una varietà che era parte integrante della loro bellezza in una distesa monocromatica e omogenea”. Secondo Petrini, “In questo momento, stiamo assistendo a un incremento esponenziale della coltivazione della nocciola in quasi tutte le regioni”.

Il perché di quanto segnala Petrini ha un nome ufficiale: “Progetto nocciola Italia”. Lo ha lanciato la Ferrero che punta a incentivare la filiera, per non dover più dipendere dalle importazioni. La richiesta di Nutella, infatti, è in continuo aumento e sebbene l’Italia sia il secondo produttore al mondo di nocciole con una quota di mercato di circa il 12%, chi primeggia in assoluto è la Turchia che, da sola, rappresenta il 70% del mercato.

La coltura delle nocciole è inoltre estremamente redditizia: lo sanno bene nel Lazio, dove se ne producono circa 46.000 tonnellate l'anno (sulle 110.000 tonnellate totali in Italia), perlopiù in provincia di Viterbo. In Toscana il business c'è ma non è ancora “decollato”. Al momento, perché l'intenzione della Ferrero è appunto quella di estendere a breve le monoculture di noccioleti (circa 70.000 ettari ad oggi in Italia) anche tra il Valdarno e la Valdichiana.

Slow Food però non ci sta: “La domanda di nocciole da parte di grandi aziende dolciarie e multinazionali conquista migliaia di ettari agricoli in zone dove, per tradizione, trovavano dimora altre coltivazioni. Un’area molto ampia tra Lazio, Umbria e Toscana ha cambiato drasticamente il paesaggio. Il mondo agricolo deve prendere coscienza che la monocoltura intensiva è l’anticamera di una situazione di insostenibilità ambientale e sociale”.

“Siamo i primi a riconoscere nella sostenibilità l’arma da usare per far entrare i giovani nelle aziende e per garantire una sufficiente redditività delle nostre attività – la replica a distanza di Confagricoltura Toscana -. La sostenibilità ambientale, economica e sociale è il nostro principale obiettivo”. Quindi la stilettata, per niente dolce: “Ci lascia però a dir poco perplessi chi pretende di subordinare la libertà di impresa non alla reale tutela dell’ambiente, ma a prese di posizione ideologiche e prive di riscontri oggettivi”.

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