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La chicca nel chicco: Marzocco premiata come una delle migliori aziende dove lavorare

L'impresa si è posizionata sul podio di una classifica sulla soddisfazione dei propri dipendenti: "Vi sveliamo i segreti per creare un'ambiente di lavoro più bello"

La Marzocco Srl, attiva nel settore della produzione delle attrezzature professionali di alta gamma per il caffè, è al secondo posto tra le migliori aziende italiane in cui gli operai e gli addetti alla produzione sono felici di lavorare. L’impresa fiorentina è stata premiata da Great Place to Work Italia, azienda leader nello studio e nell’analisi del clima aziendale, che ha stilato per la prima volta la classifica “Best Workplaces for Blue Collar”, ascoltando il parere di oltre 5.300 operai impiegati in 45 imprese italiane. 

Un risultato che la Marzocco non si aspettava, come racconta Michela Nardini, responsabile delle risorse umane dell'azienda con sede a Scarperia: “E stata una sorpresa, però siamo contenti che ci sia questa consapevolezza all'interno del nostro gruppo. Il fatto di essere stati riconosciuti come tali dai nostri lavoratori ci riempie di orgoglio, perché ci sono stati momenti difficili per tutti, dove abbiamo cercato di fare tanto, e questo vuol dire che è stato apprezzato. Il nostro obiettivo è che tutte le persone che la mattina arrivano sul luogo di lavoro, siano contente di venire a lavorare, in un ambiente dove c'è serenità e dove ogni idea viene ascoltata e premiata”.

“Il nostro segreto – continua Michela – è sicuramente legato anche al lato economico. Abbiamo affiancato alla retribuzione dei premi di produzione. In periodo di Covid siamo stati accanto ai nostri dipendenti con delle walfare aziendali, e da tanti anni abbiamo nei nostri contratti un'assicurazione sanitaria ad integrazione di quella contrattualmente prevista. Oltre a questo siamo sempre in ascolto di chi vive l'azienda quotidianamente. Siamo anche consapevoli che possiamo sempre migliorare. Se questi spunti di miglioramento arrivano da chi vive l'azienda tutti i giorni, vengono maggiormente percepiti. Ad esempio, dopo il Covid, abbiamo fatto tante assunzioni, e per questo abbiamo formato una scuola di formazione interna, dove le persone della produzione diventavano docenti, mettendo a disposizione le loro competenze, ed è stato un bell'esempio di coinvolgimento in un momento di crescita dell'azienda”.

L'attenzione al personale sarebbe quindi la chiave di volta. Infatti, per Michela, la situazione si può spiegare così: “Secondo me tutto parte dal coinvolgimento. Tanti, soprattutto i giovani, vogliono sentirsi parte di un progetto, di un qualcosa che non è solo “devo andare a lavorare”. Vogliono trovare nell'azienda un'identità. Per esempio ci sono tanti ragazzi giovani attenti al tema della sostenibilità, e scelgono dove andare a lavorare anche in base all'ottica che ha quell'azienda. Tempo fa un ragazzo che avevamo assunto ci disse che per lui differenziare per bene era un valore, e che da noi non veniva fatto in maniera corretta. Abbiamo accolto l'idea, e gli abbiamo chiesto di fare un progetto per migliorare la cosa, e oggi i suoi colleghi fanno la differenziata secondo un progetto che ha fatto lui. Questo vuol dire coinvolgimento delle stesse idee di vita. Noi, fin da quando facciamo le selezioni, cerchiamo di intercettare non solo le qualità professionali ma soprattutto quelle umane e i valori di quella persona. Quello che noi vorremmo fare, pur nella crescita, è rimanere piccoli nelle relazioni, mantenendo l'aspetto umano dell'azienda. Vogliamo cercare di far stare insieme le persone anche oltre l'aspetto lavorativo, come per esempio organizzando tornei sportivi tra il personale. Questo per sviluppare il piacere di stare insieme, anche perché a lavoro ci passiamo gran parte della nostra vita, e dobbiamo starci bene”.

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