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Economia

Commercio, liberalizzazione degli orari in Toscana: flop del “Salva Italia”

Presentata, nelle commissioni Attività produttive ed Emergenza occupazionale, la relazione finale dell'indagine sugli effetti del decreto "Salva Italia"

In Toscana la liberalizzazione degli orari non ha, per il momento, ancora portato i risultati sperati. Questo quanto emerge da un approfondimento su come sono cambiate le condizioni di lavoro dei dipendenti della grande distribuzione in Toscana, a seguito del decreto “Salva Italia” che ha liberalizzato le aperture. La relazione finale di questa indagine, realizzata congiuntamente dalla commissione Sviluppo economico e dalla commissione per l’Emergenza occupazionale, è stata presentata ieri mattina durante la seduta congiunta delle Commissioni, presiedute rispettivamente da Rosanna Pugnalini e da Paolo Marini. Analisi sul commercio che vide un caldissimo faccia a faccia, proprio su questo tema, tra Regione e Governo Monti. Le norme nazionali ebbero la "meglio". 

L’indagine è partita su richiesta di alcuni consiglieri regionali nell’aprile del 2013, alla luce delle numerose manifestazioni di disagio e di difficoltà giunte da molti lavoratori toscani del settore. Le Commissioni, sotto la guida del coordinatore dell’indagine Ivan Ferrucci, hanno svolto numerosi incontri, audizioni di addetti ai lavori, organizzazioni sindacali, associazioni di categoria, associazioni di consumatori e imprenditori, effettuato interviste e distribuito questionari, avvalendosi anche di dati statistici disponibili e di uno specifico studio condotto per l’occasione dall’Irpet. Il risultato è un focus che tocca complessivamente più di un aspetto: come cioè i “lavoratori della domenica” sia un fenomeno che sta modificando le abitudini di vita delle famiglie, oltre che i rapporti di lavoro; come stiano cambiando le abitudini all’acquisto e, di conseguenza, l’organizzazione dei centri commerciali e la rete di servizi che ruota attorno ad essi.

Come ha spiegato Ferrucci illustrando la relazione finale, è emerso che l’apertura degli esercizi commerciali sette giorni su sette ha incrementato tipologie di contratto diverse, spesso molto precarie e basate sul basso livello di professionalità richiesto e su un’estrema flessibilità.

“Stando ai risultati dello studio Irpet – si legge in una nota - emerge che le aperture domenicali non sono state di fatto una sollecitazione ai consumi: resta difficile capire quanto questo sia dovuto alla crisi di questi ultimi anni e quanto all’inadeguatezza dello strumento, mentre hanno prodotto in alcuni casi l’aumento dei costi fissi e indiretti”.

 

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