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Crisi Coronavirus, la Cgil: "Artigianato pratese a un passo dal default"

Produzione industriale giù del 38%, ammortizzatori sociali per 70mila lavoratori

A Prato la crisi causata dalla pandemia e dal lockdown morde più che nel resto della Toscana. E alle porte c'è lo spettro di un tracollo generale dell'artigianato.

Sono numeri sconfortanti quelli che emergono dal secondo rapporto sulla pandemia commissionato dalla Cgil al Pin, il polo universitario dell'Unifi: fra febbraio e aprile, la produzione industriale subisce un crollo del 37,7%, a fronte di una riduzione del 27,7% in Toscana e un calo nazionale del 24,6%.

La specializzazione tessile, fortemente agganciata alla domanda internazionale, è quella che accusa i maggiori contraccolpi dell'effetto pandemia.

Non sorprendentemente, questo si traduce nel primo trimestre 2020 con una riduzione dell'8% dell'export e del 10% delle importazioni. La crisi rischia di impattare, secondo il sindacato di piazza Mercatale, soprattutto sull'occupazione e sul futuro degli artigiani.

"Il dato più preoccupante - spiega il segretario generale della Cgil di Prato Lorenzo Pancini - è quello relativo agli ammortizzatori sociali. Nei primi sei mesi abbiamo raggiunto quasi 10 milioni di ore di utilizzo, quindi siamo fra i 60 e i 70 mila lavoratori interessati. Vuol dire più della metà della forza lavoro".

Una ferita sociale da curare con la richiesta al governo di prorogare la cassa integrazione e il blocco dei licenziamenti. A Prato, in fondo, conferma Pancini, a differenza di quanto segnalato a livello nazionale "non c'è stato un abuso nel ricorso alla cassa integrazione" da parte delle imprese.

Il distretto tessile, in virtù della sua vocazione all'export, esce peggio dai mesi di fermo produttivo rispetto al resto della Toscana e del Paese.

Tuttavia il leader sindacale accoglie con favore la proposta del governo di rivedere le modalità di accesso alla cig, magari prevedendo una compartecipazione per quelle aziende che non hanno patito una perdita di fatturato o che comunque hanno visto una riduzione contenuta del giro di affari.

"Il vero problema - avverte ad ogni modo Pancini - lo abbiamo nel mondo dell'artigianato, dove le piccole aziende fanno veramente fatica, sono poco capitalizzate, hanno poca liquidità e il rischio è che siano proprio queste aziende a rischiare piu' di altre il default se a settembre non riaprono i mercati internazionali".

Pessimismo che viene solo parzialmente mitigato dal beneficio per il distretto legato al riavvio delle produzioni: "Sicuramente - riconosce Pancini - abbiamo assistito a un rimbalzo occupazionale dopo il lockdown. Pensiamo, però, che sia servito soltanto per dare fondo alle precedenti commesse che erano arrivate prima della pandemia".

Una lettura che viene rafforzata dalla netta ripresa del lavoro interinale, una categoria molto più facile da implementare ed espellere dal mercato per soddisfare una necessità produttiva temporanea.

"Il punto - avverte ancora il segretario Cgil - è che se non riaprono i mercati internazionali il territorio rischia di non ripartire". Una riflessione che vale indubbiamente per il manifatturiero, ma in misura minore anche per il turismo: a Prato da febbraio gli arrivi di viaggiatori sono in calo del 69%, mentre le presenze fanno segnare una riduzione del 60%.

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