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Etichette sul vino in Irlanda, il Chianti Colli Fiorentini alza la voce: “Non hanno la nostra stessa cultura"

Sulla decisione di apporre le etichette sul vino come per le sigarette tuona Marco Ferretti, presidente del consorzio: “Se questa scelta si allargasse ad altri paesi creerebbe danni economici ingenti”

In Italia ci sono cose ritenute intoccabili. Una di queste è sicuramente il vino. In generale, ma soprattutto in Toscana, il vino rappresenta un'eccellenza in tutto il mondo. E' per questo che, dopo la decisione dell'Irlanda di mettere le etichette sul vino come sulle sigarette, in Italia dilaga la paura tra  le aziende vinicole. In quanto, se il provvedimento dovesse allargarsi, potrebbe mettere in crisi l'approccio armonizzato all'etichettatura degli alcolici così come concordato dai Paesi membri.

“E' una situazione che può provocare varie problematiche al mondo del vino – commenta Marco Ferretti, presidente del consorzio Chianti Colli Fiorentini -. Equiparare il vino ad un prodotto che fa male non mi sembra affatto adeguato. Il problema non è tanto l'Irlanda, che non rappresenta un mercato di riferimento per il Chianti, ma se questa normativa dovesse espandersi in altri paesi. Questa richiesta da parte dei paesi del nord – aggiunge Ferretti – non è nuova. Già altre volte è stata fatta e respinta, mentre stavolta è stata accettata, e questo preoccupa noi produttori, perché creerebbe danni economici ingenti”.

Richieste che forse sono frutto di una cultura diversa da quella italiana, come afferma il presidente del consorzio: “La nostra cultura del bere è totalmente diversa dalla loro. Non possiamo equiparare l'alcolicità del vino, che varia dai 13 ai 15 gradi, a quello di un superalcolico, che invece è molto utilizzato nei paesi del nord Europa, bevuti anche a bicchieri. Quando i turisti vengono qua e soggiornano negli agriturismi, non è raro vederli consumare bicchieri pieni di scotch o vodka. Quindi è logico che siamo a due livelli differenti di cultura, dove sia noi produttori che i vari ministeri negli anni hanno fatto divulgazioni sul bere in maniera equilibrata e in maniera giusta. La soluzione ideale – conclude Ferretti – non è quella di equiparare il vino alle sigarette o ai superalcolici, ma lavorare per migliorare l'aspetto culturale, sia in questi paesi, sia in Italia. Come tutte le cose, l'abuso fa male in qualsiasi cosa”.

Ma è giusto comparare genericamente il vino all'alcol? Non proprio, come afferma Silvia Ciani, biologa e nutrizionista dell'Istituto Medico Toscano: “Il vino non è alcol, ma è più giusto dire che nel vino c'è una percentuale di alcol. Come nutrizionista non posso dire che l'alcol sia una sostanza positiva, ma come per tutte le cose c'è da fare la differenza tra uso e abuso. Il consumo di quantità moderate di vino, come il classico bicchierino di rosso al giorno, possono aiutare ad essere anche un po' più in salute. Ci sono delle proprietà del vino che fanno bene al nostro corpo, come quelle digestive, ma anche quelle psicologiche, in quanto il vino richiama alla socializzazione”.

"La cultura del vino – aggiunge la dottoressa Ciani – dovrebbe passare da un insegnamento di un uso consapevole. E' tutta una questione di dosi. Inoltre è molto importante consumarlo durante i pasti e non fuori, abitudine molto praticata negli altri paesi. Ovviamente bisogna essere consapevoli in base alla situazione personale. Bere vino quando si ha particolari patologie è sconsigliato, così come quando una donna è in gravidanza o sta allattando o quando bisogna prendere dei farmaci specifici”.

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