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Cronaca

"Nuoce alla salute", rivolta italiana contro l'etichetta sul vino. Anche l'Accademia dei Georgofili è contraria

Rischio effetto domino per il provvedimento irlandese approvato dall'Ue. Il parere di quattro esperti dell'istituzione fiorentina

"Il consumo di alcol provoca malattie del fegato" e "alcol e tumori mortali sono direttamente collegati". Sono le scritte che presto in Irlanda troveremo sulle bottiglie di vino, un po' come succede ad esempio sulle sigarette. Una scelta sulla quale l'Unione europea ha dato il via libera.

"Speriamo che gli altri paesi ci seguono", dicono dal governo irlandese, che lavora per mettere in atto il provvedimento entro due-tre mesi. Ma la scelta ha suscitato polemiche soprattutto in Italia. Il governo italiano, con il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e il ministro degli Esteri Antonio Tajani, ha annunciato battaglia in difesa del prodotto di eccellenza italiano.

Tutto mentre numerosi studi confermano che un consumo responsabile del vino ha effetti benefici, a differenza di un abuso. E' questa la distinzione che rimarca la stessa Accademia dei Georgofili, istituzione fiorentina che da oltre 250 anni promuove, tra studiosi e proprietari agrari, gli studi di agronomia, selvicoltura, economia e geografia agraria.

Sulla questione l'Accademia ha preso posizione interpellando in merito alcuni accademici nominati dall'istituzione. Che tirano in ballo la dieta mediterranea e "concordano che è indispensabile distinguere tra abuso e consumo responsabile di vino altrimenti si annullano risultati scientifici che hanno dimostrato la presenza nel vino di sostanze (resveratolo, polifenoli, flavonoidi ...) utili alla salute umana".

"L’approccio corretto al consumo - si sottolinea - è dettato da abitudini culturali e alimentari che vanno insegnate laddove non esistono, ma non con i divieti e la cattiva informazione bensì con programmi di formazione ed educazione al vino, che non è soltanto una bevanda alcolica ma anche espressione della storia dei territori e dell’uomo da oltre 8mila anni".

Per Rosario Di Lorenzo, Presidente Accademia Italiana della Vite e del Vino, "porre in allarme i cittadini sulla 'nocività del vino' a prescindere dalle quantità consumate, dagli stili di vita e dalle abitudini alimentari, oltreché contrario alle numerose evidenze scientifiche è sbagliato". E poi si chiede: "Quale sarebbe l’impatto sulla costruzione europea se dovessimo rinnegare, di fatto, il valore culturale che ha avuto e ha il vino e il suo mondo nel plasmare la nostra civiltà?".

Secondo Luigi Moio, Presidente dell’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), "più che di riduzione dei consumi, a mio avviso, è necessario parlare di una ottimizzazione dei consumi, di un approccio intelligente al consumo di bevande alcoliche, di un consumo moderato e responsabile. È l’unico modo per eludere una delegittimazione del vino che spianerebbe la strada ai movimenti anti-alcol i quali oscurerebbero la verità sul vino determinando più un danno che un reale aiuto alla salute pubblica".

"Per chi studia il vino dal punto di vista biologico, chimico e tecnologico - spiega Vincenzo Gerbi, professore ordinario di enologia, Università di Torino - queste informazioni sono state di stimolo per il perseguimento di alcuni obiettivi fondamentali per una moderna enologia. Non s’intende infatti produrre una generica bevanda alcolica, ma un complemento all’alimentazione, da scegliere e valutare non in base al grado alcolico, bensì in funzione della ricchezza di componenti nobili e della diversità legata all’origine geografica e al vitigno. I migliorati processi di vinificazione, associati ad una approfondita conoscenza dell’uva, hanno permesso di ottenere ottimi risultati anche sull’affinamento e sulla shelf life del vino, riducendo anche il rischio della presenza di sostanze potenzialmente pericolose. Stupisce quindi che nel recente dibattito sia completamente ignorata questa parte della ricerca scientifica e sia stato enfatizzato solo l’effetto deleterio dell’etanolo, qualunque sia la sua origine e la modalità di consumo".

Per Donato Lanati, centro di ricerca Enosis, "occorre educare i consumatori a pensare al vino non come una bevanda alcolica ma ad apprezzarla come il frutto della vite, nato da 8mila anni e cresciuto con gli uomini per i quali ha rappresentato un pilastro dell’economia, contribuendo allo sviluppo di molte civiltà. Questo non si ottiene applicando leggi e divieti ma educando a conoscere la cultura del vino come espressione della storia, dei territori e di coloro che lo hanno coltivato".

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