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Cronaca

Violenze sessuali, il giudice assolve il branco: "Non c'è prova del 'no' della ragazza. Erano ubriachi e drogati"

Una 18enne denunciò uno stupro a una festa da parte di un gruppo di coetanei. Ma per il giudice non ci fu violenza: "Errore sul fatto, non esiste prova del rifiuto"

"Non c'è prova del no. Erano ubriachi e drogati". Per questo ieri il giudice del tribunale di Firenze avrebbe assolto due ragazzi, oggi 23enni, accusati aver stuprato una coetanea a una festa, approfittando della sua condizione di inferiorità fisica e psichica. Lo riporta La Nazione. Durante la serata giravano alcol e stupefacenti, circostanza che, secondo l'imputazione, avrebbe compromesso le facoltà della vittima al punto da non poter esprimere un valido consenso al rapporto sessuale di gruppo.

I due imputati sono stati invece assolti con la formula dell'"errore sul fatto" che esclude la punibilità. Anche la procura aveva chiesto l'archiviazione, ma il gup aveva invece ordinato un'imputazione coatta.

L'episodio risale a una sera di settembre del 2018, in una villa a La Rufina (FI). I ragazzi, all'epoca dei fatti 19enni, trascorsero la giornata che precedeva l'inizio dell'anno scolastico assieme. Nel corso della serata, tutti - compresa la presunta vittima, al tempo 18enne - consumarono alcolici e fumarono cannabis. A un certo, la giovane e i tre compagni di scuola - del gruppo faceva parte anche un minore - si ritrovano da soli nel giardino dell'abitazione.

Ci fu un rapporto promiscuo che terminò quando la 18enne si riprese dai fumi dell'alcol e scappò via. Nelle ore successive, la ragazza confidò ad un'amica l'accaduto e, a marzo dell'anno successivo, formalizzò la denuncia per stupro.

Secondo l'imputazione, i tre amici avevano approfittato della condizione di inferiorità fisica e psichica della presunta vittima. Ma al processo, celebrato in abbreviato, gli avvocati dei due imputati maggiorenni - il terzo (minorenne) aveva definito la sua posizione con la messa alla prova - sono riusciti a dimostrare che i rispettivi assistiti non potevano presumere che il consenso da parte della 18enne fosse viziato dall'annebbiamento temporaneo in cui versava.

E il giudice li ha assolti, con la formula dell'"errore sul fatto".

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