rotate-mobile
Cronaca

Violenza sulle donne, la voce di chi ha detto basta: ecco perché denunciare

"Sono ancora viva": un libro che parla di donne, violenza, ma soprattutto di speranza. Un'iniezione di coraggio per chi vuole reagire. Il volume è stato presentato nella sala Affreschi di palazzo Panciatichi

“Giorno per giorno riusciva a prendermi, mangiarmi e trasformarmi in quello che voleva”.  “Sono ancora viva” il libro di Elena Guidieri e Chiara Brilli è un colpo allo stomaco, è una verità che fa male leggere. È la verità e la vita di otto coraggiose donne che hanno deciso di raccontare e di affrontare nuovamente il dolore di anni di violenza fisica, ma soprattutto psicologica. 

Otto donne che rimangono anonime solo nel nome perché hanno messo a nudo le loro paure, i loro desideri ed hanno parlato del loro amore per un uomo che credevano essere quello “giusto”. Otto donne che “hanno detto basta alla violenza”, violenza che era diventa talmente parte di loro che si era trasformata in abitudine. 

Alla presentazione del libro, avvenuta ieri nella sala Affreschi di palazzo Panciatichi, oltre alle due autrici erano presenti anche la presidentessa, nonché psicologa e psicoterapeuta, del centro antiviolenza Artemisia, Teresa Bruno; la consigliera regionale Daniela Lastri e la coordinatrice dell’evento, la giornalista Michaela Barilari.

«Volevamo scrivere qualcosa di diverso. Volevamo raccontare cosa c’è oltre alla violenza, tutto il processo di presa di coscienza, di perdita di fiducia nel prossimo e di costante paura per la propria vita. Ma volevamo sottolineare anche come, con le persone giuste che sanno ascoltare ed aiutare, sia possibile andare avanti e ricostruire la propria vita» hanno affermato le due autrici.

«Queste otto donne hanno scelto di parlarci, ma non è stato semplice né per loro né per noi» spiega Elena Guidieri. Per il loro progetto le due autrici hanno fatto riferimento a tre centri antiviolenza: l’Artemisia di Firenze, il Frida Kahlo del Valdarno inferiore e la Casa della donna di Pisa. Farsi accettare prima dagli operatori del centro e poi dalle donne non è stato semplice, hanno dovuto spiegare che il loro scopo non era raccontare gli aspetti più cruenti e da “cronaca nera” della vita delle future intervistate, ma appunto quello di raccontare le loro vite.

Teresa Bruno, presidentessa del centro Artemisia, ha spiegato come dietro ogni femminicidio non ci sia un mero atto di follia, di gelosia o di rabbia, ma una serie di violenze che vanno avanti da anni. Di come non esista un modello di donna o di uomo che subisce e arreca sofferenza, anzi spesso il mostro è un uomo insospettabile, che agli occhi di molti, e inizialmente anche della moglie (compagna, fidanzata), è l’uomo ideale. 

“È molto difficile ammettere che ti possa succedere una cosa così brutta, - si legge nel libro - perché se tu ammetti che è successo, allora è successo veramente. Quando dici che è successo non puoi più far finta di niente. Quelle parole qualcuno le ascolta, tu le vedi mentre le pronunci e allora restano lì”. 

Il problema è che queste donne hanno bisogno di qualcuno con cui parlare, hanno bisogno di persone che mettendole, nel modo giusto, davanti all’evidenza riescano a convincerle che l’unica soluzione sia denunciare l’uomo colpevole di tali sofferenze.

I centri antiviolenza sono pochi e ricevono pochi fondi per loro sviluppo, ma ci sono e svolgono un ottimo lavoro. La violenza sulle donne, soprattutto - ma non solo - quella domestica viene vista come “privata”, un problema familiare e circoscritto, mentre dovrebbe essere etichettato come “problema sociale”. "Le istituzioni - sottolinea Daniela Lastri - dovrebbero fare molto di più, ma fino a che il problema non verrà classificato come sociale si potrà fare sempre meno del necessario". “L’amore non è quello che ti dicono, ma le azioni che vengono compiute”.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Violenza sulle donne, la voce di chi ha detto basta: ecco perché denunciare

FirenzeToday è in caricamento