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Giovedì, 28 Marzo 2024
Cronaca

L'inchiesta giornalistica che travolge Uber: la multinazionale americana nella bufera

Con 'Uber Files' pubblicato il contenuto di oltre 100mila documenti riservati: accuse di pressioni sui politici per avere leggi favorevoli e di sfruttamento dei lavoratori

Pesanti pressioni sui politici di mezzo mondo (anche su Matteo Renzi quando questi era presidente del consiglio) per far cambiare le leggi a proprio vantaggio e accuse di sfruttamento dei lavoratori, spesso immigrati che sarebbero stati costretti a subire condizioni durissime e paghe da fame.

Questo emergerebbe dagli 'Uber Files', 124mila documenti interni alla multinazionale americana sulla base dei quali è nata l'inchiesta giornalistica pubblicata dall'International Consortium of Investigative Journalists (Icij), un consorzio che riunisce decine tra i più importanti giornali del mondo, tra cui l'inglese The Guardian (che ha ottenuto i documenti e li ha condivisi) e il settimanale italiano l'Espresso.

E proprio l'Espresso in Italia pubblicherà in esclusiva domenica prossima l'inchiesta, con diverse anticipazioni però già on line da ieri (qui l'articolo integrale).

L'Espresso, a proposito della multinazionale americana che sfrutta piattaforme web per offrire corse in auto, parla di “lavoratori sfruttati, sottopagati, spiati, licenziati senza preavviso né giustificazione. Programmi segreti per bloccare i computer aziendali durante le perquisizioni di polizia. Soldi spostati nei paradisi fiscali per non pagare le tasse, mentre nei bilanci ufficiali vengono esposte perdite miliardarie” e di “una massiccia attività di lobby per reclutare politici, comprare consensi, condizionare e orientare leggi e regolamenti in tutto il mondo”.

Un'inchiesta che arriva proprio mentre nel parlamento italiano è in approvazione il 'ddl concorrenza', che prevede tra le altre cose “l'adeguamento dell’offerta di servizi alle forme di mobilità che si svolgono mediante applicazioni web che utilizzano piattaforme tecnologiche per l’interconnessione dei passeggeri e dei conducenti”. Un modo, secondo i tassisti, per spalancare le porte a Uber da parte del governo Draghi. Tassisti che infatti hanno scioperato per due giorni contro il disegno di legge nei giorni scorsi e che proseguono la protesta con lo slogan “no alla 'uberizzazione' del lavoro”.

“Il materiale al centro della fuga di notizie va dal 2013 al 2017 e comprende circa 83 mila email dei manager di Uber: quattro anni di messaggi e comunicazioni riservate che rivelano, in particolare, le pressioni su politici e amministratori pubblici di decine di nazioni, per evitare procedimenti giudiziari e piegare le norme statali agli interessi della multinazionale. Casi mai emersi prima, che chiamano in causa personalità di altissimo livello come l'attuale presidente francese Emmanuel Macron e l'ex vicepresidente della Commissione europea Neelie Kroos”, si legge ancora sull'articolo de l'Espresso pubblicato on line.

Il nome in codice della campagna per condizionare la politica italiana sarebbe invece 'Italy - Operation Renzi', messa in atto quando il presidente del consiglio italiano era, tra il 2014 e il 2016, l'ex sindaco di Firenze, che “nelle mail dei manager americani viene definito 'un entusiastico sostenitore di Uber'”, scrive il settimanale. Tra gli altri, a finire sotto accusa il presidente francese Emmanuel Macron, che in passato, “sembra aver fatto di tutto per aiutare Uber” quando era ministro dell'economia, scrive il Guardian.

Nell'attività di lobbying in tutto il mondo, Uber avrebbe investito somme gigantesche: solo nel 2016, scrive il Guardian, l'azienda avrebbe investito 90 milioni di dollari. Tra gli obiettivi dell'azione di sensibilizzazione c'erano politici e media.

La comunicazione ha giocato un ruolo fondamentale. A questo proposito, “la rabbia dei tassisti europei sarebbe diventata uno strumento da piegare a proprio favore. Alcune mail suggeriscono che i dirigenti di Uber avrebbero consapevolmente ignorato di avvertire i propri conducenti dei rischi che correvano lavorando in contemporanea con le manifestazioni di protesta, e in alcuni casi li avrebbero addirittura spinti a recarsi ai sit-it dei tassisti infuriati”, ricostruisce EuropaToday.

Lo scopo sarebbe stato quello di amplificare il messaggio secondo il quale i conducenti di Uber e la stessa multinazionale sarebbero state vittime delle violenze dei tassisti. Accuse che la multinazionale respinge.

"Quando nel marzo 2015 uomini mascherati, che si dice fossero tassisti arrabbiati, hanno attaccato i conducenti di Uber con mazze e martelli ad Amsterdam, il personale di Uber ha cercato di sfruttarlo a proprio vantaggio per ottenere concessioni dal governo olandese", scrive il Guardian. Questo modus operandi sarebbe stato ripetuto in Italia, Belgio, Spagna, Svizzera e Paesi Bassi.

Le pressioni sui politici sarebbero state finalizzate a ottenere concessioni che le leggi non consentivano: su questo aspetto, ci sarebbero diversi documenti e messaggi privati tra dirigenti che confermano la consapevolezza di Uber di agire fuori dalle norme: "Siamo essenzialmente illegali", si sarebbe per esempio vantato un manager.

In una dichiarazione in risposta alla fuga di notizie, Uber ha ammesso di "errori e passi falsi", ma ha affermato di essere stata trasformata dal 2017 sotto la guida del suo attuale amministratore delegato, Dara Khosrowshahi.

"Non abbiamo e non creeremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali - ha affermato l'azienda -. Chiediamo invece al pubblico di giudicarci per ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e per ciò che faremo negli anni a venire”.

Tornando all'Italia, l'Espresso ricorda “l'indagine penale della Guardia di Finanza e della Procura di Milano, con il pm Paolo Storari, che ha portato al commissariamento, dall'aprile 2020 al marzo 2021, di Uber Italy. La filiale italiana della multinazionale è stata sottoposta ad amministrazione giudiziaria con l’accusa-shock di caporalato, cioè di sfruttamento criminale della manodopera attraverso un giro di intermediari”. Le vittime sarebbero state “decine di immigrati molto poveri, africani e asiatici, che dal 2018 al 2020 consegnavano cibo in bicicletta, a Milano, Torino, Roma e altre città, per salari bassissimi (3 euro a consegna, per qualsiasi distanza, per un totale di 300-400 euro al mese al massimo) senza ottenere contratti, assicurazioni, misure di sicurezza e contributi sanitari e pensionistici”.

“Sul piano economico, a livello globale, - scrive ancora l'Espresso -, Uber rimane un vero miracolo di Internet: i bilanci mostrano che la multinazionale ha continuato ad accumulare perdite fin dalla sua fondazione per più di dieci anni, per un passivo totale di oltre 20 miliardi di dollari, fino al pareggio raggiunto solo tra il 2021 e il 2022. E intanto ha continuato a distribuire compensi multimilionari ai propri manager e a schiere di lobbisti e consulenti”. (Qui l'articolo completo pubblicato da l'Espresso)

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