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Cronaca Greve in Chianti

Strage delle studentesse Erasmus, morto il conducente: chiuso il processo

L'uomo alla guida del mezzo uscito fuori strada a Freginals, in Spagna, nel marzo del 2016, è morto d'infarto. Era l'unico imputato per la strage in cui persero la vita 13 ragazze, tra cui sette italiane. Lo sgomento dei familiari delle vittime: "Non avremo mai un verdetto"

È morto d'infarto Santiago Rodriguez Jimenez, l'uomo che il 20 marzo del 2016 si trovava alla guida del bus finito fuori strada a Freginals in Spagna. In quel drammatico incidente persero la vita 13 studentesse Erasmus, di cui sette italiane, Lucrezia Borghi e Francesca Bonello di Greve in Chianti (Firenze), Elena Maestrini di Gavorrano (Grosseto), Valentina Gallo (Firenze), Elisa Valent di Venzone (Udine), Elisa Scarascia Mugnozza (Viterbo) e Serena Saracino (Torino). 

La notizia della morte del conducente del pullman è stata comunicata dai familiari delle vittime attraverso il loro avvocato. Santiago Rodriguez Jimenez era l'unico imputato per quella e strage e la sua morte pone di fatto fine al processo penale. L'uomo, nell'autunno scorso, aveva acconsentito al corrispettivo spagnolo del patteggiamento dell’ordinamento italiano: uno sconto di pena in cambio dell’ammissione della propria responsabilità. Una decisione che però non era ancora stata ratificata da un giudice

La lettera dei familiari delle vittime
La morte di Jimenez ha lasciato sgomenti i familiari delle vittime, come spiegato in una lunga e toccante lettera inviata ai quotidiani e alle agenzie di stampa: "Sette anni dopo nello stesso periodo dell’anno in cui le nostre ragazze sono mancate, ci ha raggiunto la notizia della morte di Santiago Rodriguez Jimenez, l’autista. Stroncato da un infarto. Finisce quindi la nostra storia giudiziaria. Non sarà emesso nessun verdetto perché la responsabilità penale è personale. Nell’autunno del 2022 avevamo preso tutti insieme una decisione sofferta e difficile, acconsentendo ad un patteggiamento con l’emissione di una sentenza di condanna dell’autista; il quale, in cambio di uno sconto di pena, avrebbe ammesso finalmente la sua responsabilità. Un lungo lavoro di contatti e mediazione svolto di nostri legali in Spagna, che aveva portato all’adesione di tutte le parti civili e dello stesso imputato. Ci era stato comunicato che uno sciopero di due mesi dei segretari giudiziari aveva impedito la fissazione dell’udienza di patteggiamento, ma che la data era vicina e il Pm aveva già depositato la relazione per il Tribunale con i termini dell’accordo di patteggiamento. Non era stato facile per noi decidere: qualcuno esitava, qualcuno era contrario. Ma dal 20 marzo 2016 siamo diventati un po’ come una grande famiglia e alla fine la scelta è stata presa e comunicata in Spagna. Questa vicenda ci ha portato via troppo, ma la dignità ci è rimasta: ci siamo rifiutati di subire per anni un processo che non ne voleva sapere di partire. Abbiamo perso fiducia in un paese dove l’esercizio della giustizia dipende dalla capienza e dal numero delle aule o dalle rivendicazioni sindacali pur legittime di un segretario. Uno stato in cui il risarcimento delle vittime di sinistri stradali vale meno di quello di altri sinistri, per non pesare sulle compagnie assicurative. Quindi, meglio uscirne prima possibile, per non subire più. Nemmeno questo è stato possibile. Ci resta solo la notizia che l’autista avrebbe patteggiato: è la nostra unica non sentenza".

"Vogliamo però ricordare - prosegue la lettera - per chiudere il capitolo più doloroso delle nostre esistenze, quanto abbiamo sempre sostenuto: i veri colpevoli non sarebbero stati comunque in quella aula che non c’era. Nessun segretario in sciopero gli avrebbe notificato un mandato di comparizione. La società di trasporti che aveva consentito ad una persona non più giovane e con problemi di salute di fare un viaggio troppo lungo senza un sostituto; l’associazione studentesca (ospitata e sponsorizzata da un ateneo che poi si è dissociato) rea di aver organizzato una gita nella quale degli autisti dovevano viaggiare e stare svegli per più di 24 ore consecutive; il rappresentante dell’associazione stessa che la mattina aveva ripreso l’autista vedendolo incline a colpi di sonno, ma che dopo la mezzanotte aveva fatto salire su quel pullman 50 persone, senza chiedere una sostituzione alla guida. Le autostrade spagnole, i cui guard rail erano e sono tanto tanto vecchi. Fossero stati anche tutti puniti, le nostre figlie non ci sarebbero comunque più. Il nostro appello è rivolto a coloro che hanno responsabilità e che possono fare in modo di cambiare le cose, esercitando maggiori controlli su chi spende il loro nome; disciplinando una volta per tutte il trasporto di persone senza avere paura di toccare interessi economici; stabilendo regole uniformi di risarcimento del danno che valorizzino la vita e inducano a condotte prudenti. Solo così l’Europa di cui le nostre figlie si sentivano cittadine, potrà essere un posto sicuro e giusto. Per parlare di questo e costruire, ci saremo sempre. Per rivangare e rivendicare no. La corsa è finita. Questo lo dobbiamo a Elena, Elisa ed Elisa, Francesca, Lucrezia, Serena e Valentina".

La strage Erasmus

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