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Cronaca

Sentenza della Strage dei Georgofili: "Ci fu la trattativa Stato-Mafia"

Lo Stato avviò una trattativa con Cosa Nostra, una trattativa che "indubbiamente ci fu e venne quantomeno inizialmente impostata su un do ut des"

Una sentenza che rimarrà negli annali e marcherà per sempre quegli anni da medioevo, noto come il "periodo delle stragi" dei primi anni novanta. Lo Stato interloquì con Cosa Nostra, una sorta di scambio, un do ut des, per far sì che terminasse la fase di terrore scandito dalla bombe di mafia. Questo quanto hanno scritto i giudici della Corte d’Assise che ieri hanno depositato le motivazioni della sentenza di condanna all'ergastolo di Francesco Tagliavia dopo la sequenza di atti terroristici di Firenze, Roma e Milano.
Singolare il fatto che l’imput partì dalle Istituzioni, furono proprio i rappresentati dello Stato a cercare i vertici dell’organizzazione e non viceversa. Cade invece la teoria che il neonato partito “Forza Italia” sia stato mandante, o almeno ispiratrice delle stragi, sebbene non è escluso che la mafia abbia visto nella nuova forza politica una chance per liberarsi dalla “precedente classe dirigente in declino", non escludendo neanche che "un canale di interlocuzione si fosse aperto" con il nascente partito, "o anche solo con alcuni suoi esponenti di rilievo".

Di certo "le nuove prospettive - scrivono i giudici - avevano indotto a rinunciare al progetto di creare un partito di mafia sotto l'etichetta di Sicilia libera", la cui nascita è attestata dallo statuto acquisito agli atti del processo, "capace di aggregare anche le potenti cosche dell"ndrangheta calabrese". Per il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Giuseppe Pisanu, come ha detto al termine dell'audizione di ieri sera del procuratore capo di Firenze Giuseppe Quattrocchi, accompagnato dai magistrati Giuseppe Nicolosi e Alessandro Crini, più che di una "trattativa" si trattò di un tentativo di "estorsione: la mafia, nella stagione delle stragi sul continente, ha cercato di costringere lo Stato con la violenza".

MOTIVAZIONI - Le oltre 500 pagine della sentenza depositata dalla corte presieduta da Nicola Pisano, sono un atto di accusa anche alla gestione della giustizia, di chi doveva sapere, "soggetti di così spiccato profilo istituzionale", scrivono riferendosi agli ex ministri Nicola Mancino e Giovanni Conso, entrambi chiamati come testimoni al processo. "Esce una quadro disarmante che proietta ampie zona d'ombra sull'azione dello Stato nella vicenda delle stragi", scrivono i giudici sottolineando come queste "ombre" il processo di Firenze "non hanno potuto dipanare". Mancino anche lo scorso febbraio, chiamato al processo di Palermo per favoreggiamento alla mafia contro l'ex generale dei carabinieri Mario Mori, "ha negato di essere stato a conoscenza di una trattativa" che lui, comunque, avrebbe respinto. Il generale dei carabinieri e l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino vengono richiamati spesso nelle motivazioni e, già durante il processo, il presidente della Corte aveva segnalato le differenze tra le dichiarazioni rese da Mancino e quelle del suo ex collega Claudio Martelli, ministro della Giustizia prima di Conso, che invece aveva detto di aver saputo dell'iniziativa del Ros.

SPATUZZA - Questo di Firenze è il processo che si è fondato sull'attendibilità del pentito Gaspare Spatuzza, per i giudici confermata dai riscontri alle sue dichiarazioni anche quando parla della ricerca di nuovi referenti politici avviata da Cosa nostra dopo l'uccisione di Salvo Lima. Spatuzza parla anche di Marcello Dell'Utri e i giudici, si dicono "sorpresi" della scelta di Giuseppe Graviano di non rispondere alla corte che lo interrogava "su Marcello Dell'Utri, e su eventuali investimenti effettuati nel gruppo Fininvest e sul movimento denominato 'Sicilia Libera'". Una scelta che "può essere anche interpretata come una sorta di segnale obliquo lanciato all'esterno". "La ricerca di una sponda politica è sempre stata un pallino di Cosa Nostra: dopo la fine della Prima Repubblica c'era stato uno sbandamento prima verso 'Sicilia Libera' - ha detto ieri sera Nicolosi alla Commissione antimafia -, la formazione alla quale Bagarella voleva dare l'appoggio dei clan, poi verso Forza Italia. Ma dalle nostre indagini non risulta un negoziatore specifico".

GEORGOFILI -  L'associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili si è detta "molto gratificata" dalle motivazioni della sentenza per il processo a Francesco Tagliavia. Quella notte in via dei Georgofili furono cinque i caduti.

BORSELLINO – Secondo i giudici l'uccisone del giudice Borsellino e degli uomini della sua scorta presenta indubbiamente degli aspetti anomali". Per i giudici "se Borsellino avesse saputo o meno dell'esistenza di una trattativa, che in caso affermativo certamente avrebbe avversato in ogni modo perché rappresentava la negazione stessa della battaglia condotta da sempre con Falcone - continuano i giudici fiorentini -, è circostanza probabile, ma ancora oggi, a quel che consta processualmente non accertata". E secondo la Corte, proprio dopo la morte di Borsellino, "la trattativa si interruppe".

 

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