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Cronaca

Strage di cinesi nel capannone di Prato: cinque arresti

Cinque persone sono state arrestate per il rogo nell'azienda di Prato in cui lo scorso primo dicembre persero la vita 7 cittadini cinesi

Cinque persone sono state arrestate per il rogo nell'azienda "Teresa Moda" di via Toscana a Prato in cui lo scorso primo dicembre persero la vita sette cittadini cinesi.
I provvedimenti carcerari, emessi gip del tribunale di Prato Fantechi, in accoglimento della richiesta del pm Lorenzo Gestri, hanno raggiunto tre imprenditori cinesi; mentre la misura cautelare degli arresti domiciliari è stata disposta nei confronti di due imprenditori italiani a cui sarebbe ricollegata la società proprietaria dell'immobile.

REATI - I reati ipotizzati dalla procura di Prato sono, a vario titolo, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro aggravata dal disastro; incendio colposo aggravato; omicidio colposo aggravato plurimo; favoreggiamento aggravato, a fini di profitto, della permanenza sul territorio dello Stato di clandestini. Nessuna richiesta coercitiva era invece stata richiesta nei confronti dell'ulteriore indagata, la titolare formale della ditta che, sulla base delle indagini sin qui svolte, è risultata essere un mero prestanome dei reali datori di lavoro, i tre connazionali cinesi arrestati.

Oltre all'esecuzione delle ordinanze cautelari, sono in corso, da parte degli uomini della squadra mobile della Questura, del servizio centrale operativo della polizia di stato e del comando provinciale della guardia di finanza, una serie di perquisizioni locali nei confronti di persone fisiche collegate agli indagati, nonchè acquisizioni di atti e documenti presso le sedi legali di società, o enti, parimenti riconducibili agli indagati.


L’attività investigativa della squadra mobile ha consentito di dimostrare che, un numero indeterminato di operai cinesi per anni ha lavorato e vissuto, all’interno del capannone, mangiando e dormendo in locali dormitorio. Tra questi anche clandestini.  Al riguardo, si legge in una nota, solo alla data del fatto si è potuto verificare che all’interno del capannone risultavano impiegati, e dimoranti, almeno una decina di lavoratori, alcuni impiegati in nero, cinque addirittura in condizione di clandestinità, elemento quest’ultimo che ha determinato la contestazione del delitto favoreggiamento aggravato, a fini di profitto, della permanenza sul territorio dello stato di clandestini.

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