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Cronaca

La storia del sigaro toscano

Conosciuto come "lo stortignaccolo" per via della sua forma irregolare, il sigaro toscano ha una storia curiosa. Una leggenda lunga 200 anni, che comincia nell'antica manifattura tabacchi di Firenze

Firenze, agosto 1815 circa.  La città venne colpita da un improvviso acquazzone, che provocò ingenti danni alla Manifattura del Granducato, allora situata nell’ex convento di Sant’Orsola: un intero raccolto di tabacco era rimasto esposto al violento temporale, per poi fermentare sotto il sole estivo che tornò subito dopo il nubifragio. Le foglie erano ormai inutilizzabili, ma fu proprio di fronte a questo imprevisto che i produttori ebbero un’idea rivoluzionaria: avvolgere il tabacco fermentato in foglie e venderlo ad un costo irrisorio.  

Da questo incidente nacque così il sigaro italiano per antonomasia: il Toscano, da sempre inconfondibile per il sapore deciso e la sua forma particolare, causata dall’assenza del sottofascia, tipico degli altri sigari che presentano al contrario una superficie liscia. Essendo molto più economico, divenne ben presto il sigaro del popolo, che era solito tagliarlo in due parti per risparmiare ulteriormente. Un’usanza che si è protratta fino ai giorni nostri, tanto che nel secondo dopoguerra furono lanciati sul mercato sigari toscani già ammezzati.

Al contrario i butteri, cow boy nostrani della Maremma, erano soliti fumare il sigaro toscano per intero, poiché in sella ai loro cavalli non avevano modo di tagliarlo a metà.  Da sempre quindi l’abitudine di fumare un Toscano intero è conosciuta come “alla maremmana”.  

Numerosi i personaggi di spicco che non seppero mai rinunciare al gusto del Toscano, da Giuseppe Garibaldi fino a Mario Soldati e Gianni Brera, senza dimenticare personalità artistiche come Verdi, Toscanini e il pittore Modigliani. 

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