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Cronaca

Rider, Natale è solo un altro giorno. Sgobbare e vita dura: “Viviamo in 11 in tre stanze”

I ciclofattorini stranieri corrono tutto il giorno a portare cibo per pochi euro a consegna e vivono spesso in condizioni non dignitose

Pochi ordini il giorno di Natale. Tutti in famiglia, tra scambi di regali e pranzi da scoppiare. I rider però aspettano. Giacche aperte, in un caldo strano che poco ha a che fare con dicembre. Ci sono perfino le zanzare.

“Qualcuno chiama, poca cosa”, sussurra Amid. Assieme ad altri, colleghi e compagni di vita, è in attesa tra piazza San Marco e via Cavour. Viene da Gujrat, Pakistan, come tanti altri che quotidianamente condividono fatica e consegne. Ha 38 anni e là ha lasciato cinque figli. Li vede sullo schermo del telefono. “La più grande ha 14 anni”.

“Lavoro tutti i giorni, dalle dieci alle quattordici ore al giorno - dice, in italiano stentato -. Quanto guadagno? Se va male venti euro, se va bene arrivo a cinquanta”. A tradurre aiuta Nasir, che a Firenze vive da quasi quattro anni. Anche lui pakistano. In patria era laureato in informatica. Qui ha studiato italiano, a Scandicci, e si vede. Lo mastica bene.

“Se avessi potuto stare bene a casa, credi che sarei venuto a fare questa vita?”, sorride amaro. Nasir, 35 anni, è un rider ma ha trovato impiego anche come operaio magazziniere. “Tra le due cose, in pratica, lavoro e basta. Lo faccio per mandare soldi alla mia famiglia”.

“Vorrei integrarmi - prosegue -, trovare un'occupazione migliore”. E' il 25 dicembre ma questi 'ragazzi' hanno poco da celebrare. Non solo perché nella loro terra d'origine questa è una data come le altre.

“Avremmo festeggiato volentieri insieme a voi, sarebbe stato bello un pranzo tra rider e comunità fiorentina”, ammette Nasir. Ma inviti non sono arrivati e nessuno ci ha pensato. Nella vita di ogni giorno ad ogni modo le difficoltà sono ben altre.

Amid e Nassir - nomi di fantasia per evitare di crear loro problemi - hanno voglia di parlare e raccontano storie di ordinario sfruttamento. Sempre costretti ad adattarsi, a caro prezzo. Nel vero senso della parola, a partire dalla questione casa.

“Per il mio posto letto pago 400 euro al mese, 250 euro d'affitto e 150 di spese”, fa il primo. “Nella stessa stanza viviamo in tre, tutti pakistani”. Il proprietario non l'ha mai visto, ma gli hanno riferito che è italiano. La cifra totale per l'intera stanza, 1.200 euro, la raccoglie uno dei tre, lì da prima di lui, e la versa all'affittuario. Ovviamente in contanti.

Condizioni simili per Nassir. “In casa siamo in 11, divisi in tre camere. Ognuno paga 200 euro". In totale 2.200 euro al mese. L'appartamento è sui viali, non lontano dalla Fortezza da Basso. Un contratto d'affitto non l'ha mai visto e non ha idea se esista. “Perché accettiamo queste condizioni? Semplice, nessuno ci affitta. Ho cercato a lungo una sistemazione, ma da straniero è dura. E se dico che sono pakistano è proprio finita”.

Spiega di essere arrivato in Italia quattro anni fa, dopo un viaggio via terra, a piedi e con mezzi di fortuna, durato oltre un mese. Nemmeno tanto, rispetto ad altri. Iran, Turchia, Bulgaria, Serbia, Croazia, Austria. Infine l'Italia. Agognata, ma dove sgobba per due lire al mese. "Ci sono abituato". D'improvviso si sposta e fa passare una coppia piena di buste: “Che stress questi regali”. Aria accigliata, passo veloce. Dura la vita nelle feste comandate. Buon Natale.

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