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Cronaca Centro Storico

Museo delle Cappelle Medicee, terminata la campagna di restauri nella Sagrestia Nuova

I lavori iniziati nel 2013 con il restauro delle pareti, si sono conclusi a fine 2020 con la pulitura delle sculture delle tombe di Giuliano Duca di Nemours e di Lorenzo Duca d’Urbino. Sperimentata per la prima volta sui capolavori di Michelangelo una tecnica di biopulitura che usa dei batteri per rimuovere in sicurezza le macchie dal marmo

I commenti

Paola D’Agostino, Direttore dei Musei del Bargello ha dichiarato che “Il progetto di restauro conservativo e di manutenzione che negli ultimi cinque anni e in fasi successive ha visto il coinvolgimento di diverse professionalità e di istituti di eccellenza della ricerca e innovazione scientifica italiana permette ora di ammirare i capolavori fiorentini di Michelangelo, con una nuova consapevolezza della fase delicatissima di scelta e lavorazione dei marmi. Desidero ringraziare la dottoressa Monica Bietti, le colleghe dell’Enea e del CNR, e le abili restauratrici che per mesi hanno lavorato a questo delicato restauro sperimentale. L’autonomia dei musei, voluta dall’Onorevole Ministro Dario Franceschini, ha permesso anche di finanziare, con fondi propri, progetti di tutela, di ricerca e di alto profilo scientifico, come quello conclusosi negli ultimi mesi. Desidero inoltre esprimere la mia più sentita gratitudine all’architetto Maria Cristina Valenti, alla dottoressa Francesca De Luca e a tutto il personale che presta servizio al Museo delle Cappelle Medicee per avere seguito questo progetto e aver sempre favorito il lavoro di tutte le professioniste, anche nei durissimi mesi dell’emergenza sanitaria che ha scandito il 2020 e l’inizio del 2021”.

Come ha spiegato Monica Bietti, storica dell’arte ed ex responsabile del Museo delle Cappelle Medicee, “La Sagrestia è un luogo dove all’apparenza tutto sembra perfetto: e invece le vicende di questo spazio narrano di un susseguirsi di difficoltà e abbandoni, di oblio e rinascita.  Una storia vissuta come se quei marmi non fossero pietre, ma cose vive. Il restauro di uno dei luoghi simbolo dell’arte presuppone conoscenza, esperienza, metodo e scienza unite a doti di sensibilità, intelligenza e apertura al confronto. Per questo il lavoro fin dall’inizio è stato testato e poi sottoposto a costanti verifiche ottiche, metodologiche e scientifiche. Il lavoro di restauro delle pareti ha permesso di approfondire le conoscenze tecniche sul modo di costruire o meglio sovrapporre le lastre marmoree e sulla maniera di eseguire le decorazioni figurative, vegetali e modulari, un vero e proprio esercizio che permette di distinguere le mani dei collaboratori di Michelangelo, documentati in questa impresa. Così come si comprende molto bene che dal blocco in marmo scelto da Michelangelo per ciascuna figura, egli con il metodo del “levare”, partendo da un modello in terra a grandezza naturale, trova la forma, arrivando alla finitura tramite l’uso di diversi tipi di attrezzi. Lo stato di finitura delle sculture varia a seconda dei personaggi e anche in relazione alla loro collocazione e al rapporto con la fonte di luce. E questa è una novità e una scoperta resa possibile dal restauro”.

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"A conclusione dell’intervento di restauro delle sculture e dei paramenti lapidei possiamo affermare che all’interno della Sagrestia nuova si è conservata, nei secoli, l’integrità materica di queste opere patrimonio dell’umanità – ha commentato la restauratrice Marina Vincenti -. Dopo la pulitura possiamo nuovamente godere dell’eccezionale uso della tecnica scultorea da parte di Michelangelo: espressione del suo intimo rapporto con il marmo e della sua capacità di trasformarlo in luce. Il cambio costante della tessitura dei segni lasciati dagli strumenti di lavorazione utilizzati rende vivo e palpitante il contenuto simbolico e spirituale dell’uomo chiamato a dare forma al trascorrere del tempo".

“La Sagrestia Nuova è un vero scrigno dove architettura e scultura unificano le emozioni – ha dichiarato la restauratrice Daniela Manna - I lunghi restauri, svolti nel corso di sette anni, hanno seguito una metodologia lenta, rispettosa, a volte sofferta per le condizioni ambientali del luogo, ma partendo dalle pareti hanno preparato la giusta scenografia per affrontare i restauri delle sculture del grande Michelangelo. Concreta aspirazione sarebbe quella di completare i restauri di tutti gli elementi architettonici del secondo livello per monitorare e unificare la visione d’insieme”.

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Come illustrato da Silvia Vettori, ricercatrice di ISPC-CNR “Il progetto diagnostico ha previsto l’impiego congiunto di metodologie non-invasive, applicate in situ, e micro-invasive, in laboratorio – ha spiegato. Le indagini hanno permesso di caratterizzare i materiali di deposito e le macchie presenti sulle superfici lapidee, come fosfati, ossalati e materiale proteico, comprendendo le problematiche legate allo stato di conservazione, e di valutare l’effetto generale delle operazioni di pulitura che si sono rivelate efficaci ma pur sempre prudenti e rispettose”.

Anna Rosa Sprocati, ricercatrice di ENEA ha inoltre aggiunto che “La selettività, la gradualità e il rispetto della materia sono qualità necessarie per una pulitura corretta. La biopulitura eseguita nel restauro delle opere di Michelangelo ha risposto a queste necessità. I batteri utilizzati sono spontanei e innocui e sono stati scelti tra un’ampia collezione di laboratorio per essere in grado di metabolizzare selettivamente i depositi coerenti identificati in precedenza dalle indagini chimiche, senza spingere oltre la loro azione. Proponiamo l’esperienza armonica condotta nella Sagrestia Nuova di Michelangelo come modello di restauro innovativo e sostenibile, che fonde storia dell’arte, restauro e scienza”.

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