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Martedì, 23 Aprile 2024
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Il Ratto delle Sabine: restaurata la celebre opera del Giambologna

Realizzata, in terra cruda, tra il 1579 e il 1580 è tra le più antiche del mondo. La restauratrice Cinzia Parnigoni: "Il modello presentava uno stato di conservazione preoccupante"

Il restauro del modello in terra cruda del Ratto delle Sabine di Giambologna è stato completato e presentato nella Galleria dell'Accademia.

La tecnica della “terra cruda” risale a tempi molto antichi e consiste nel creare statue o addirittura stabilimenti utilizzando la terra come materiale primario, preferibilmente l'argilla, lavorata ad impasto con acqua, paglia o fibre naturali.

Insieme a quelli della Vittoria di Firenze su Pisa (Giambologna) e del Torso di fiume (Dio fluviale, di Michelangelo), il modello del Ratto delle Sabine realizzato tra il 1579 e il 1580 è tra i più antichi originali in scala 1:1 che si siano conservati in tutto il mondo.

Prima dell'intervento di restauro, il modello presentava uno stato di conservazione preoccupante: la superficie plastica risultava rivestita da più strati di gesso usato durante vecchi restauri. In alcuni punti della scultura gli strati delle sovrammissioni raggiungevano spessori tali da modificarne le forme, in altri celavano punti di frattura, e in altri ancora il gesso era stato usato per ricostruire parti mancanti, spiegano i restauratori.

Quindi ha preso il via la delicata fase di restauro vero e proprio che ha visto impegnata Cinzia Parnigoni, la stessa che otto anni fa restaurò il David di Michelangelo in occasione del 500° anniversario della sua realizzazione. “Il restauro concluso – ha affermato il Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino, Cristina Acidini – non solo riguarda un capolavoro assoluto del Cinquecento, ma rappresenta un autentico successo sotto il profilo metodologico e tecnico”.

Restauro Ratto delle Sabine

“La scultura aveva subito molte manipolazioni – ha sottolineato Franca Falletti, già Direttore del museo e responsabile dell’intera operazione di restauro - consistenti in stuccature e ridipinture ampie e di notevole spessore, anche a seguito degli inevitabili danni prodotti dai successivi e frequenti spostamenti. La loro rimozione ha permesso di recuperare il modellato originale”.

Da parte sua la restauratrice Cinzia Parnigoni ha ricordato come “il restauro del David, otto anni fa, fu un’esperienza soprattutto di tipo emozionale, mentre stavolta si è trattato di un’impresa molto impegnativa a livello tecnico. Infatti affrontare questo restauro ha richiesto da parte di tutto il gruppo di lavoro molto coraggio e determinazione. Numerose si sono rivelate le incognite e le incertezze da affrontare sia per la tipologia del materiale (terra cruda) piuttosto insolito, sia per la scarsità di informazioni da cui prendere spunto relative a lavori precedenti fatti in questo campo”.

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