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Cronaca

Facciata di San Lorenzo, Natali: "il referendum è demagogia"

Dopo la proposta sul referendum cittadino, parla il direttore degli Uffizi: "Firenze ha bisogno di costruire un'altra cultura, meno feticistica, meno mitologica"

“Croce e delizia al cor” cantava Violetta, la musa, l’eroina romantica e tragica della Traviata di Giuseppe Verdi. Sembra questo il destino riservato a San Lorenzo da qui ai prossimi mesi. La delizia dello spazio, tra sacro e profano, tra bellezza ed impulsi popolani; la croce delle riforme, della riqualificazione della zona, dello spostamento delle bancarelle, delle polemiche. Sullo sfondo il referendum su San Lorenzo e quell’idea del sindaco Renzi di chiamare i fiorentini a dare la loro benedizione ad un progetto che vuol mettere in piedi, oggi, la facciata della basilica che Michelangelo progettò quasi 500 anni fa. Di quell’impresa, caduta nel vuoto, è rimasto solo un modellino in legno. Leone X sancì all’epoca che l’opera fosse troppo costosa anche per le casse del Vaticano, così i marmi bianchi, selezionati dal maestro, rimasero a Carrara. In questi giorni il sindaco ha rilanciato il progetto definendo l’impresa "non un falso storico”, sottolineando che “sarebbe interessante aprire con i fiorentini una discussione perché questo li farebbe tornare protagonisti delle scelte di san Lorenzo”. Il primo obbiettivo il sindaco l'ha centrato in pieno, in città il dibattito si è effettivamente aperto. Al confronto dialettico e culturale che in questi giorni si sta consumando per le strade di Firenze, tra “interventisti” e mondo scientifico, mancava ancora all’appello la voce dello storico dell’arte Antonio Natali, il direttore del museo degli Uffizi. Così, all’uomo che ha in custodia una delle opere più poetiche di Michelangelo, il Tondo Doni, siamo andati a chiedere che idea si fosse fatto su tutta questa vicenda: “non voglio assolutamente alimentare questa polemica, anche perché questa città, Firenze, ha bisogno di costruire un'altra cultura, meno feticistica, meno mitologica, una città dove la cultura diventi davvero il nostro pane quotidiano e non qualcosa che appartiene più alla dimensione della vanità”.

Capisco, ma in questo momento il dibattito è aperto e ci sono posizioni ben delineate?
“Se proprio si volesse dar l’idea di una città al passo con i tempi, credo che allora, divertimento per divertimento, tanto varrebbe fare un concorso internazionale come fanno le grandi città europee, in cui si chiede ad architetti di riguardo di presentare un progetto senza risalire ai disegni primitivi, bensì ex novo. E’ evidente che sarebbe e rimarrebbe un divertimento intellettuale, qualcosa per smuovere una qualche attività culturale cittadina; ma altro non mi azzarderei a fare.

Una specie di gioco progettistico, un progetto non finito per una facciata non finita?
Si, qualcosa del genere, senza permettermi altro. E non per un passatismo ideologico ma perché la facciata di San Lorenzo è storicizzata ed alla fine è poetica per come ci appare oggi, per come è nella nostra memoria, nella nostra cultura, nella nostra intelligenza, nella nostra coscienza storica. Se ci fosse attenzione per quello spazio, e per questo intendo uno spazio di rispetto per cui sia data la possibilità dell’osservazione, la facciata sarebbe già di per sé lirica a vedersi. Tutto il resto lo considero di cattivo gusto, compreso il fatto che non sappiamo se poi il maestro avrebbe voluto e realizzato proprio quel progetto; pensare a Michelangelo che in corso d’opera non ci metta le mani mi resta un po’ difficile”.

E come giudica la proposta del referendum su l’opera del Buonarroti?
La stessa cosa di quando fu ventilato per l’opera di Isozaki. Il referendum va fatto in un luogo dove si presuppone che la cultura storico – artistica sia adeguata al quesito che si pone. Qui nemmeno nei licei classici si fa più storia dell’arte, come si può pensare che su un quesito di questo tipo la gente sia preparata a rispondere. Questa è demagogia.

Lei in sostanza afferma che porre un si o un no su Michelangelo sia riduttivo?
Più che riduttivo credo che da questa operazione si possa ottenere soltanto un danno. E’ evidente che la città molto probabilmente risponderebbe si; ma c’è la preparazione adeguata per rispondere ad un quesito di questo tipo o sarebbe una risposta di pancia? Quanti conoscono la storia dell’arte? Conoscere Leonardo, Michelangelo, Botticelli, l’Impressionismo e Van Gogh, non significa essere preparati per la nostra storia culturale figurativa. Bisognerebbe davvero procedere ad una diversa preparazione partendo fin dalla scuola.

Alla base c’è un problema culturale generale, un referendum del genere secondo lei oggi rischierebbe di essere inafferrabile?
Badate bene, il mio non è un giudizio sulla cultura delle persone ma sulle strutture scolastiche che non vengono rese adeguate alle materie in questione. Qui non c’entra il comune, ma lo Stato. Bravissimi i docenti ma il problema riguarda gli ordini portanti, le materie che vengono scelte. Se in un liceo classico, da cui provengono i futuri conservatori e valorizzatori del patrimonio artistico, non si insegna quasi più storia dell’arte, come si può pretendere di dare in pasto ad una città un problema di questo tipo. Anche un ragazzo che oggi fa storia dell’arte all’università studia spesso materie ibride come chimica o economia, perché oggi uno storico dell’arte deve essere anche questo. Così facendo, tuttavia, si perde la sostanza. Questi sono problemi che richiedono approfondimento e molta serietà e credo sia necessario più rispetto per questioni di questo tipo. A meno che, chi ha avuto questa idea non voglia cominciare la facciata e poi lasciarla non finita; questo sarebbe più rispettoso” conclude con una grossa risata ironica il direttore degli Uffizi Natali.
 

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