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Cronaca

Processo Meredith, Sollecito in lacrime: "Non sono un assassino spietato"

Presente per la prima volta in aula Sollecito ha rilasciato ai giudici una dichiarazione spontanea: "Vorrei per me la possibilità di una vita come voi, una vita normale". E su Amanda: "E' stata il mio primo vero amore"

Si è difeso e ha pianto. Ha respinto tutte le accuse, ha raccontato la sua verità, e si è sciolto quando ha chiesto ai giudici e ai media di esser lasciato in pace. Presente per la prima volta al Tribunale di Firenze, dove si sta svolgendo il nuovo processo d'appello per la morte di Meredith Kercher, Raffaele Sollecito, nell’appello bis (dopo la sentenza di assoluzione del primo appello ribaltata dal verdetto della Cassazione), ha rilasciato una dichiarazione spontanea ai giudici.

NON SONO UN ASSASSINO SPIETATO – “Sento una persecuzione nei miei riguardi, senza alcun senso logico –ha attaccato – è stata costruita, con prove e testimoni, una realtà che non esiste. Ancora oggi dopo sei anni vengo ad ascoltare cose ridicole. Sono qui – ha continuato – per cercare di farmi conoscere e farvi capire la realtà di questa vicenda. Ho rispetto per voi giudici, vi chiedo di guardare la realtà e il grande sbaglio che è stato fatto. Vorrei per me la possibilità di una vita come voi. Mi hanno descritto come un assassino spietato, non sono niente di tutto questo”.

LACRIME – Sollecito, poi si è commosso quando ha raccontato di non avere più “una vita normale”, ha ripercorso tutte le tappe della vicenda. Partendo da quel tragico due novembre 2007 quando Meredith fu trovata morta nella sua casa, fino alla sua storia con Amanda Knox, ancora una volta assente.

AMANADA, IL MIO PRIMO AMORE – “A Perugia nel novembre 2007 stavo per laurearmi in informatica. Mancava una settimana alla discussione della tesi. Avevo conosciuto Amanda, il mio primo vero amore. Vivevamo una vita spensierata, isolata da tutti: la nostra favola. Adesso mi sento in colpa per non aver preso sul serio questa situazione. Sono stato arrestato per l’impronta di una scarpa, che solo più tardi si è scoperto che era di Rudy Guede. Un coltellino serramanico indicato come arma del delitto che poi anche questo è stato smentito. Non mi è mai piaciuto l’alcol e non andavo alle feste, anche se mi sono fatto qualche spinello, questo non ha cambiato la mia personalità”.

COLTELLO – Poco prima, intanto, era stata la volta dei periti Berti e Barni dei Ris di Roma che hanno esposto ai giudici l’esito della nuova perizia sul coltello sequestrato in casa di Sollecito. “Supponiamo – hanno spiegato gli esperti – che il profilo genetico di Amanda sia presente nella traccia”. Confermate, insomma, le conclusioni a cui i periti erano già giunti. Per l’accusa quel coltello è l’arma del delitto.

GIULIA BUONGIORNO – “Quel Raffaele con la voce rotta che abbiamo visto oggi è il Raffaele autentico, più che il Raffaele efficace. Efficaci sono gli attori, lui è autentico”. Così l’avvocato Giulia Bongiorno, uno dei difensori di Raffaele Sollecito, ha commentato le parole rilasciate oggi dal suo assistito. L'avvocato Bongiorno non ha escluso che Raffaele possa partecipare ad altre udienze e ha detto che gli chiederà di essere presente a quella dedicata alla requisitoria del sostituto procuratore generale Alessandro Crini. Commentando la perizia sulla traccia di DNA trovata sul coltello, l’avvocato ha parlato di esito “di straordinaria importanza: sul coltello non c’è il DNA di Rudy o di Meredith, ma solo quello di Amanda, che lo usava normalmente” essendo uno strumento da cucina sequestrato in casa di quello che all’epoca era il suo fidanzato, Raffaele Sollecito appunto. Il legale della famiglia Kerch, l’avvocato Francesco Maresca, riferendosi alle parole di Sollecito ha commentato: “Siamo abituati alle sue dichiarazioni, ne prendiamo atto. Faremo una valutazione in sede di discussione”.

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