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Cronaca

Pet therapy al Meyer per aiutare i ragazzi con disturbi del comportamento alimentare

I cani, Budino, Polpetta, Muffin, Malì e Galileo, tra una coccola e un biscotto, aiutano a recuperare una relazione sana con il cibo

La Pet therapy per aiutare i pazienti del reparto di neuropsichiatria del Meyer. Dal 2016 sono stati 201 i pazienti in regime di ricovero e 350 quelli seguiti in day hospital. Molti degli adolescenti presi in carico da questo servizio hanno disturbi del comportamento alimentare, come anoressia e bulimia.

I cani, Budino, Polpetta, Muffin, Malì e Galileo, tra una coccola e un biscotto, aiutano a recuperare una relazione sana con il cibo.

Oggi, grazie ai progressi della medicina e alla disponibilità di nuovi farmaci, la possibilità di cura di queste malattie è piuttosto elevata, ma è necessario un approccio multidisciplinare. Al Meyer esiste un’equipe dedicata formata da vari professionisti: neuropsichiatri, psicologi, dietisti, infermieri ed educatori. Le ragazze, e i ragazzi, che ne soffrono vengono accompagnati nel loro percorso di cura di cura passo dopo passo. Fondamentali però in questo viaggio sono anche i cani della Pet therapy. La loro presenza è garantita per due volte alla settimana, ma nei casi in cui è necessario, questi "speciali operatori" sono pronti ad accorrere in soccorso. "Ogni giorno – spiega la dottoressa Tiziana Pisano, responsabile della struttura – abbiamo modo di constatare quanto gli animali, nella loro funzione di mediazione emotiva, siano utili per contribuire a creare un canale di comunicazione con gli adolescenti".

Importante è l'effetto relax, soprattutto per chi soffre di anoressia, in quanto chi ne è affetto, spesso, combatte un'infinita guerra contro le calorie, cercando di bruciarne il più possibile camminando. Quando però uno degli amici a quattro zampe entrano in stanza è difficile resistergli, "riescono magicamente a fermare il tempo" spiega Francesca Mugnai, presidente di Antropozoa, associazione specializzata negli interventi assistiti con gli animali.

Si soffermano per fare due carezze, utilizzando quindi il linguaggio del corpo, un corpo che, per questi pazienti è difficile da poter pensare come canale di comunicazione, anche su aspetti positivi. E coccolando quella pancia pelosa, e sempre disponibile, anche le emozioni, e le parole che le esprimono, riescono a uscire con più facilità, spontaneamente, e si accendono sorrisi. Quello che si crea è un momento di reciprocità e riconoscimento emotivo: l'animale attende infatti un segno di comunicazione dalle giovani pazienti.

"Accudire un cane – continua Francesca Mugnai – significa imparare ad accudire anche il proprio corpo, recuperando una relazione più sana con se stessi". Capita spesso inoltre che il cane accompagni il momento del pranzo che, per chi ha un disturbo di questo tipo, è sempre difficile. Altrettanto importante è l’effetto che la relazione con l’animale ha sulla gestione della rabbia. “Interessante – conclude Francesca Mugnai – è vedere come i ragazzi si relazionano in modo diverso a seconda del carattere dei cani, e delle modalità sociali messe in gioco individualmente dall’animale, ognuno nella sua specificità. Ognuno di loro riesce a tirare fuori qualcosa di diverso”. E così Budino è specializzato in esercizi di abilità, Polpetta si occupa prevalentemente di coccole, Muffin eccelle su entrambi i fronti. Malì, invece, che capisce solo l’inglese, è un asso nello spezzare le barriere. E Galileo, allegro e curioso, accende i sorrisi.

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