Parla il padre di Kata: "Sono disperato, non so che fare, aiutatemi. Ti amo piccolina mia" / VIDEO
Miguel Angel annuncia anche una protesta al Palazzo di Giustizia e uno sciopero della fame: "Devono dirmi qualcosa"
"Ti amo piccolina mia, ti vogliamo bene. Presto sarai a casa, Dio ti proteggerà". A parlare è Miguel Angel Romero Chicclo, il padre della piccola Kataleya, che da ormai oltre tre settimane è purtroppo divenuta nota a tutta la città e a tutta Italia per la sua scomparsa.
"Kataleya torna a casa", "I bambini non si toccano", le urla che si levano nel quartiere di San Jacopino. Anche ieri sera, come quasi tutte le sere, presidio e manifestazione della comunità peruviana intorno all'ex hotel Astor, la struttura occupata, poi sgomberata, dove fino al momento del rapimento viveva la bambina.
Sono una ventina i presenti, molte donne, anche un bimbo della stessa età di Kata. "Dove abita Kataleya, a Firenze?", chiede il piccolo alla mamma alla fine del corteo. La donna prende il bimbo e si passa una mano sugli occhi, senza rispondere.
Sono passate le 23, i volti sono stanchi, segnati. Volti di persone, alcuni sono qui da oltre venti anni, che in un modo o nell'altro la vita se la sono dovuta spesso sudare duramente.
La madre di Kataleya non c'è. "Non ce la faceva ad esserci stasera, è troppo provata, anche fisicamente", dice Cecilia, una cugina di Miguel. Il padre invece c'è. "Ci ha chiesto lui di continuare a manifestare e noi ci saremo, tutte le sere", assicura Norma, che cura la pagina Facebook 'Peruanos unidos en Firenze', rilanciando ogni iniziativa promossa dalla comunità.
Il passato di Miguel è in parte noto, non è certo cristallino. Era in carcere nel momento della sparizione della figlia. Furto e reati contro il patrimonio, utilizzo indebito delle carte di credito. Tanti lo hanno giudicato, ma ieri sera appariva solo per quello che era in quel momento: un ragazzo di appena 26 anni, disperato, spesso ai limiti della commozione. Gridava, con con tutta la forza che aveva in gola, l'unica cosa che un padre può gridare in queste situazioni: "Ridatemi mia figlia".
La bambina è stata inghiottita nel nulla da ormai ventiquattro giorni, da quel maledetto 10 giugno. Non mancano le preghiere, da parte di una comunità, quella peruviana, estremamente religiosa. Ultimo appiglio di chi non sa a chi appellarsi.
Ma per trovare la piccola servono cose terrene, serve il lavoro degli uomini. A partire da quello degli inquirenti: le ultimissime dalle indagini si concentrano su un furgone bianco avvistato nel pomeriggio di quel sabato uscire dal cancello di via Monteverdi. Una traccia concreta, dopo tante segnalazioni e altrettante smentite?
"Chi sa parli. Lasciatela in una chiesa, in un luogo pubblico, ma riportatecela", dice in un momento di sosta del corteo uno dei partecipanti. Miguel, che prima parla in spagnolo e poi in italiano, annuncia anche una protesta e uno sciopero della fame di fronte al Palazzo di Giustizia di Novoli. Del resto, "non so cosa fare, sono troppo disperato".
E' tardi, i grandi manifesti plastificati con il volto sorridente di Kata vengono arrotolati ancora una volta, pronti però a tornare in piazza. L'incubo è che anche questa storia, come quella di tanti scomparsi di cui nel tempo si è persa ogni traccia, cada nel dimenticatoio. Una sorte che un padre non può accettare.
Il punto sulle indagini, dalle testimonianze incoerenti al furgone bianco